La riforma contiene una novità in materia di garanzie contro gli abusi di potere nelle indagini preliminari; viene infatti introdotto il diritto al controllo del giudice sulla legittimità delle perquisizioni non seguite da sequestro. Si colma così il vuoto di tutela che caratterizza il nostro ordinamento rispetto a perquisizioni arbitrarie; oggi l’interessato può ottenere un controllo giurisdizionale solo se la perquisizione nei suoi confronti si conclude col sequestro del corpo del reato o di cose pertinenti ad esso. Tale vuoto di tutela ha portato l’Italia a subire una condanna da parte della Corte Edu per violazione dell’articolo 8 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare anche da perquisizioni arbitrarie dell’autorità giudiziaria (sentenza 27 settembre 2018 Brazzi contro Italia). Nel caso concreto la Corte di Strasburgo aveva sancito che, in assenza di un controllo giurisdizionale preventivo, o di un controllo effettivo a posteriori del decreto di perquisizione., “le garanzie procedurali previste dalla legislazione italiana non siano state sufficienti ad evitare il rischio di abuso di potere da parte delle autorità incaricate dell’indagine penale”. Il testo della riforma, approvato da parlamento, prevede che il legislatore delegato modifichi la disciplina oggi vigente prevedendo il diritto della persona sottoposta alle indagini e degli altri soggetti interessati di proporre opposizione innanzi al GIP contro il decreto di perquisizione del PM cui non consegue un provvedimento di sequestro. La legge delega lascia poca discrezionalità nella sua attuazione in ordine al mezzo di impugnazione che sarà esperibile contro il decreto di perquisizione non seguito da sequestro. Viene infatti escluso che possa essere il ricorso avanti al tribunale del riesame che rimarrà l’organo giurisdizionale competente ai sensi dell’art. 257 Cpp a valutare la legittimità della perquisizione a cui consegua invece un sequestro. Il rimedio indicato dalla legge delega è analogo a quello oggi previsto dall’art. 263 comma 5 del Cpp in relazione al procedimento per la restituzione delle cose sequestrate: procedimento che prevede un contraddittorio tra le parti in una udienza camerale in ordine ai provvedimenti emanati dal PM nella fase delle indagini. Al legislatore delegato viene lasciata la discrezionalità di individuare i termini entro i quali l’opposizione dovrà essere presentata, la natura – anche orale oppure solo cartolare – del contraddittorio tra le parti in ordine alla legittimità del decreto di perquisizione nonchè i mezzi di impugnazione previsti contro il provvedimento del GIP. Un nodo decisivo da sciogliere sarà quello relativo agli atti delle indagini preliminari che il PM dovrà mettere a disposizione dell’interessato per consentire un effettivo esercizio del diritto di difesa e per consentire al giudice di esprimere una valutazione in ordine alla sussistenza della necessità di intervenire con la perquisizione. A tale fine la soluzione preferibile appare quella di mutuare l’attuale disciplina prevista dall’art. 324 del Cpp prevedendo che il PM debba depositare in cancelleria del giudice gli atti su cui si fonda il decreto di perquisizione e che l’interessato possa esporre i motivi a supporto dell’opposizione anche in seguito all’esame degli atti.