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La nuova disciplina della sospensione condizionale della pena ex art. 165 comma 5 C.P.

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La procura della Repubblica e il Tribunale di Bologna unitamente alla sezione GIP-GUP hanno elaborato e reso pubbliche delle indicazioni operative per l’attuazione, in ambito territoriale di propria competenza, del disposto dell’art. 165 co. 5 CP – introdotto con la legge 69/2019 cd. Codice Rosso- che subordina la sospensione condizionale della pena alla partecipazione a percorsi di recupero per gli autori di determinati reati. Va chiarito che, nella legge, non vi è alcuna definizione di questi percorsi nella realtà solitamente denominati percorsi di recupero per maltrattanti; essi seguono modelli ed orientamenti diversi spesso dipendenti dalla tipologia di approccio psicologico, filosofico-religioso o socioculturale al quale si ispirano gli enti pubblici o del privato sociale che in un determinato contesto geografico ne hanno promosso la creazione. In Italia l’offerta di programmi di recupero è molteplice ed eterogenea. L’art. 165 co. 5 CP parla espressamente di enti o associazioni presso i quali il  programma dovrebbe essere frequentato ed invero tali programmi sono proposti sia da soggetti istituzionali che da rappresentanti del terzo settore. Molti afferiscono alla rete RELIVE altri – come l’associazione “Senzaviolenza” di Bologna- operano autonomamente, altri ancora sono offerti dai Comuni o consultori. La rete RELIVE ha adottato proprie linee guida sugli standard minimi di operatività dei percorsi a partire dalle indicazioni del Consiglio d’Europa e dagli standard promossi dalla Rete europea WWP cui afferisce. Entrando nel dettaglio delle modalità operative bolognesi esse si compongono di 9 disposizioni. Per quanto riguarda la richiesta, l’iniziativa viene posta in capo all’imputato/indagato poichè essa è inquadrata alla stregua di un facere infungibile quale atto personalissimo non delegabile al difensore. L’istanza potrà essere presentata in corso di indagine in occasione della richiesta di applicazione della pena – e in questo caso trasmessa al PM in copia per l’eventuale consenso- e in generale in udienza non essendo sottoposta a termini specifici. Quanto ai contenuti dell’atto le “modalità operative” dispongono che la richiesta debba essere corredata da due specifici allegati: la copia della richiesta scritta di partecipazione ad uno specifico programma e la relativa accettazione da parte dell’ente/associazione, non essendo quest’ultima automatica. Le diposizioni nr. 5 e 6 sono dedicate alla decisione del giudice. Nella sentenza deve essere indicato il percorso da realizzare, con la durata e contenuti precisi e dettagliati, e la data entro la quale esso deve terminare: i percorsi mediamente durano circa un anno e sono organizzati con uno o due incontri. Il ruolo degli enti/associazioni nell’individuazione del percorso adatto al caso concreto è importantissimo ma il baricentro della decisione non può che restare in capo al Giudice. Con riguardo infine alla verifica del corretto svolgimento del percorso le modalità operative, con le disposizioni 7 e 8, sopperiscono alla più volte citata carenza di regolamentazione . Se tutto si svolgerà come c’è da auspicarsi il giudice una volta ricevuta e letta la relazione positiva, trasmetterà alla procura l’estratto esecutivo della sentenza e l’organo dell’esecuzione iscriverà la sentenza a pena sospesa. Doverosa conclusione spetta al ruolo della persona offesa ed al suo diritto di essere informata della conclusione del percorso e della sua interruzione cui non fanno cenno peraltro nè la legge nè le indicazioni operative bolognesi. Il perchè è chiaro: se la pena nella sua dimensione retributivo-rieducativa riguarda il rapporto tra stato e condannato e terzi soggetti non sono ammessi lo stesso deve valere per le vicende che riguardano la sospensione condizionale. La vittima ha comunque un ruolo importante all’interno dei percorsi perchè la loro finalità è, come ricordato dalla Convenzione di Istanbul, la prevenzione della recidiva. Tutte le linee guida dei percorsi per maltrattanti prevedono il cd. contatto-partner ovvero la necessità per l’ente/associazione di stabilire una linea di comunicazione con la partner attuale e/o ex del partecipante, alla quale comunicare l’inizio del percorso e qualsiasi altra informazione di cui i professionisti dell’ente siano venuti in possesso e che riguardi rischi immediati per la donna oltre a valutazioni di recidiva. In caso di interruzione del percorso l’ente si impegna ad informare la vittima perchè ciò è ritenuto fattore di rischio per la donna. Analogo dovere informativo per il momento non è stato posto in capo all’autorità giudiziaria a discapito delle oggettive necessità di sicurezza della vittima.

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