L’omicidio commesso dal persecutore, punito con l’aggravante speciale che prevede la pena dell’ergastolo, è un reato complesso a causa dell’unitarietà del fatto. Il reato di stalking è dunque assorbito da quello di omicidio e non può essere punito separatamente. Le sezioni Unite della Cassazione (sentenza 38402/21) dirimono un contrasto sorto sulla possibilità di fare scattare il concorso tra lo stalking, previsto dall’articolo 612 bis del Cp e l’omicidio aggravato dagli atti persecutori che, nella forma del delitto aggravato (articolo 575 e 576 primo comma n° 5.1 del Cp) comporta una pena fino all’ergastolo. A chiedere lumi alle sezioni Unite era stata la 5 sezione in relazione ad una causa che riguardava l’uccisione di una donna per mano di una sua collega: un omicidio contestuale allo stalking. Le Sezioni Unite sono state chiamate a scegliere tra due tesi opposte, in merito all’esistenza o meno del delitto complesso, con il PM schierato per il concorso tra i due reati. La conclusione raggiunta si fonda soprattutto sulla lettura dell’articolo 84 del Cp che disegna il reato complesso. Una norma secondo la quale “non basta che i fatti costituenti reato abbiano qualche elemento in comune, ma occorre che uno di essi converga interamente in un’altra figura criminosa tanto da perdere la sua autonomia e diventare quindi elemento costitutivo o circostanza aggravante dell’altro”. Per i giudici pesa la “comune matrice ideologica quanto ai motivi a delinquere in un rapporto finalistico tra i fatti o nella convergenza degli stessi verso un unico risultato finale”. Azioni tese quindi ad uno scopo. Un’interpretazione che porta le Sezioni Unite a escludere che si possa parlare di reato complesso quando l’omicidio viene commesso a distanza di molto tempo dalle condotte persecutorie. In tale caso manca, infatti, il requisito minimo dell’unitarietà del fatto e dunque, gli atti persecutori, non possono essere assorbiti dal reato di omicidio. Il supremo collegio ricorda che la responsabilità per il delitto aggravato dalla persecuzione comporta comunque la pena dell’ergastolo. E la circostanza che il fine pena mai possa essere sostituito da una pena temporanea per effetto del bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti non può portare a mettere in discussione la configurazione giuridica affermata. La conclusione raggiunta – precisa la Corte – è in linea anche con la ratio del legislatore che ha introdotto l’aggravante esaminata (DL 11/909) per dare una risposta ad un fenomeno criminale sempre più frequente. Ma visto come un fatto complessivo, meritevole di aggravamento.