Il gip non può accogliere la richiesta di archiviazione avanzata dal pm e restituirgli gli atti perchè effettui nuove indagini consistenti nell’interrogatorio dell’indagato. E questo anche quando l’interrogatorio deve avere per oggetto un reato diverso da quello per il quale l’archiviazione è stata chiesta. Lo affermano le Sezioni Unite penali della Cassazione con la sentenza n° 10728 depositata ieri.
La pronuncia valorizza una nozione “plurale” dell’interrogatorio come atto dalla vocazione non solo difensiva, sottolineandone invece la forza investigativa, visto che può essere efficace strumento per corroborare il complesso degli elementi acquisiti nel corso delle indagini e può condurre alla raccolta di spunti a carico del dichiarante, pienamente utilizzabili in termini di accertamento di colpevolezza.
Inoltre, l’interrogatorio può svolgere anche una funzione di ricostruzione in punta di fatto, tanto da potere agevolare la decisione del giudice anche rispetto alle prospettive di evoluzione in dibattimento dell’accusa, che il giudice deve valutare nella scelta tra archiviare e disporre l’imputazione coatta, e, a maggiore ragione, quando la persona interessata non sia mai stata sentita in precedenza.
Per le Sezioni unite, allora, non c’è differenza tra l’interrogatorio fisiologicamente effettuato dal pm, di sua iniziativa, nel corso delle indagini preliminari, da quello che lo stesso pm è chiamato a svolgere dopo il rifiuto del gip all’archiviazione. In entrambi i casi, infatti, l’autorità giudiziaria deve contestare all’indagato il fatto che gli è attribuito, rendendogli noti gli elementi di prova esistenti e ponendogli le domande rilevanti per l’accertamento della sua responsabilità penale e per l’individuazione di altri spunti di indagine.