Il giudice per le indagini preliminari può rifiutare di distruggere, come richiesto dal PM, le intercettazioni relative ad un procedimento anche se archiviato da oltre 10 anni. La sola archiviazione, infatti, non basta ad escludere la possibilità di una rilevanza futura del materiale archiviato. Mentre il diritto alla riservatezza degli intercettati resta garantito dalla conservazione nell’archivio della procura della Repubblica, in quanto luogo protetto.
Partendo dal presupposto che l’archiviazione è solo una fase del procedimento e dunque di per sè un elemento neutro, la Cassazione (sentenza 13459/22) respinge il ricorso della pubblica accusa. Ad avviso del PM, doveva essere considerata abnorme l’ordinanza con la quale il GIP aveva respinto la sua istanza, presentata nel 2018, di distruggere delle intercettazioni relative ad un procedimento archiviato nel 2005. Una decisione secondo il ricorrente in contrasto con l’articolo 269 cpp, secondo comma, tale da creare una stasi del processo, risolvibile solo con la sua rimozione. Diversamente da quanto ritenuto dal GIP, infatti, l’inutilità delle intercettazioni sarebbe dimostrata proprio dall’archiviazione del procedimento, disposta anche in considerazione dell’inidoneità dei dialoghi intercettati a supportare un futuro esercizio dell’azione penale. A ulteriore conferma della inutilità di scritti e registrazioni, il lungo tempo trascorso, 13 anni, dal decreto di archiviazione, durante il quale non erano emersi elementi tali da giustificare una rivalutazione dei fatti. Per il PM il no alla distruzione si risolverebbe in una conservazione, sine die, del materiale e dunque in uno stallo procedimentale da rimuovere.
Diverso il parere della Cassazione. I giudici di legittimità precisano che l’art. 269 cpp prevede che le intercettazioni siano conservate sino alla sentenza non più impugnabile. Fermo restando che la parte interessata, ovviamente, PM compreso, può chieder la loro distruzione prima, se la documentazione non è necessaria. E la valutazione della rilevanza del materiale è subordinata da un procedimento camerale con contraddittorio tra le parti. Iter che nello specifico il GIP aveva seguito scongiurando così il rischio di avere adottato un sistema abnorme. Nè si può dire che l’ordinanza impugnata determini una stasi perchè non pregiudica la possibilità per il PM di riproporre l’istanza alla luce delle circostanze evidenziate dal GIP .
L’archiviazione, di per sè, non giustifica nè il no alla distruzione solo in virtù di una possibile valenza probatoria del materiale, nè può essere la ragione per distruggere le intercettazioni perchè nulla dice sulla loro rilevanza.