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La maestra insulta gli alunni: maltrattamenti o abuso dei mezzi di correzione?

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Reati contro la famiglia

La maestra insulta gli alunni: maltrattamenti o abuso di mezzi di correzione?

venerdì 25 novembre 2022

di Scarcella Alessio Consigliere della Corte Suprema di Cassazione
In tema di reati contro la famiglia, deve escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione di cui all’art. 571 c.p., in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell’abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l’importante e delicata funzione educativa e che, in ogni caso, siano irrilevanti le convinzioni soggettive – di tipo culturale o anche religioso – del soggetto maltrattante. A stabilirlo è la Cassazione penale con sentenza 15 novembre 2022, n. 43434.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 15 novembre 2022, n. 43434

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. VI, 22/09/2005 n. 39927

Cass. pen. sez. VI, 26/04/2011 n. 26153

Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi, con la sentenza in commento, sul tema della individuazione della corretta fattispecie incriminatrice da applicarsi nei casi di condotte ingiuriose, aggressive e vessatorie poste in essere da insegnanti nei confronti dei propri alunni, in particolare se, in tali casi, possa ritenersi applicabile il reato di maltrattamenti (art. 572, c.p.) o quello di abuso di mezzi di correzione o disciplina (art. 571 c.p.), e se, in particolare, ai fini di tale inquadramento possa o meno rilevare l’intenzione dell’insegnante. La Cassazione, in particolare, in una fattispecie nella quale una maestra era stata condannata per il reato di maltrattamenti ai danni di minori a lei affidati, ha disatteso la tesi difensiva, secondo cui errata doveva ritenersi la sentenza quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 572 c.p.

Il fatto

La vicenda processuale segue alla sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta ad una maestra per il reato di maltrattamenti. In particolare, la sentenza di merito aveva riconosciuto sussistente la condotta maltrattante tenuta dalla maestra ai danni dei minori affidati al suo compito educativo e, segnatamente, il profilo soggettivo ritenendo accertato l’utilizzo di aggressività fisica, oltre che verbale – quest’ultima manifestata con epiteti ingiuriosi gravi, anche di matrice razzista – ritenuta incompatibile con la finalità educativa dedotta dalla difesa e da ritenersi abituale in relazione alla loro frequenza nell’arco temporale considerato.

Il ricorso

Contro la sentenza proponeva ricorso per Cassazione la difesa, in particolare sostenendone l’erroneità, atteso che la Corte d’appello avrebbe ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 572 c.p., senza adeguatamente valutare i fatti.

La decisione della Cassazione

La Cassazione, come anticipato, ha disatteso la tesi della difesa.

In particolare, i Supremi Giudici hanno rilevato come non risultassero affatto illogiche rispetto all’affermazione di responsabilità, e pertanto non ne inficiavano la correttezza, le ragioni poste a base del diverso profilo riguardante il riconoscimento delle attenuanti generiche che valorizzavano il convincimento interiore dell’imputata di agire nell’interesse dei minori del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del dolo – oltre che le non eccessive condotte reattive in uno alle obiettive difficoltà di gestione del gruppo di alunni.

Costituisce, invero, jus receptum, ricorda la S.C., che per la configurabilità del reato di maltrattamenti l’art. 572 c.p. richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità; ne consegue che deve escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella previsione di cui all’art. 571 c.p., in quanto gli atti di violenza devono ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell’abuso dei mezzi di correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tradiscano l’importante e delicata funzione educativa (Cass. pen. sez. VI, n. 39927 del 22/9/2005, A., CED Cass. 233478) e che, in ogni caso, siano irrilevanti le convinzioni soggettive – di tipo culturale o anche religioso – del soggetto maltrattante (cfr., ex multis: Cass. pen. sez. VI, n. 26153 del 26/04/2011, CED Cass. 250430).

La decisione in esame, senz’altro condivisibile, si innesta in un filone giurisprudenziale ormai consolidato. Ed invero, per quanto riguarda i rapporti tra i maltrattamenti ed il meno grave delitto di abuso dei mezzi di correzione, col quale è ipotizzabile un eventuale concorso di reati allorquando sussista sia la volontà di maltrattare che di correggere (Cass. pen. sez. VI, 30/04/1999, n. 8193), in passato si era registrato un conflitto in giurisprudenza. Infatti ad una iniziale soluzione che riteneva nell’animus corrigendi l’elemento differenziatore delle due fattispecie (Cass. pen. sez. VI, 16/01/1996), se n’è recentemente contrapposta altra, ormai progressivamente consolidatasi, che, individuando l’elemento distintivo tra i due reati, non già nel fine di correggere, ma nella idoneità o meno del mezzo utilizzato ad educare, ha ritenuto il delitto di maltrattamenti tutte le volte in cui le condotte, pur realizzate con preteso fine educativo, fossero state oggettivamente idonee ad offendere il bene della integrità psicofisica della vittima più che ad educare (Cass. pen. sez. VI, 08/01/2008, n. 16982, sostenendosi ad esempio che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per pretese finalità educative non può far venir meno il dolo; Cass. pen. 07/11/2007, n. 45283, in cui la Corte ha ravvisato il reato di maltrattamenti nei confronti di una madre che aveva fatto abitualmente ricorso nei confronti dei tre figli minorenni a mezzi e metodi trascendenti qualsiasi aspetto di liceità correttiva ed estranei a ogni plausibile scopo pedagogico-formativo, sostanziatisi in percosse e punizioni umilianti e gratuite; si v., ancora, Cass. pen. sez. VI, 31/05/2007, n. 40340; Cass. pen. sez. VI, 22/9/2005; Cass. pen. sez. VI, 28/12/2002).

Si è aggiunto che l’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti (Cass. pen. sez. VI, 02/09/2019, n. 36832; Cass. pen. sez. VI, 28/06/2017, n. 40959; Cass. pen. sez. VI, 22/10/2014, n. 53425). Il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone infatti l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l’obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate (Cass. pen. sez. VI, 09/04/2020, n. 11777), mentre il delitto di maltrattamenti richiede l’uso sistematico di qualsiasi forma di violenza, sia fisica che psicologica, anche se posta in essere a scopo educativo (Cass. pen. sez. VI, 27/1/2021, n. 3459). L’intento educativo e correttivo non esclude di per sé il reato di cui all’art. 572 in caso di sistematico ricorso ad atti di violenza commessi nei confronti di minori (Cass. pen. sez. VI, 17/11/2016, n. 48703). Come «il metodo didattico improntato allo «sterile autoritarismo» esercitato dal docente verso gli allievi, tanto più se questi ultimi sono piccoli e attraversano la delicata fase della «scolarizzazione», quando il passaggio dall’ambiente familiare a quello tutto nuovo della scuola richiederebbe armonia ed affetto per assicurare il corretto sviluppo psichico dei bambini», con nota di Silvani, Sui rapporti tra delitto di maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione nelle scuole elementari, in CP, 1844.

L’uso sistematico della violenza sui minori, anche nel caso in cui sia sostenuto dal cd. animus corrigendi, dunque, integra gli estremi del delitto di cui all’art. 572c.p.  (Cass. pen. sez. VI, 02/02/2016, n. 4170; v. anche Cass. pen. sez. VI, 23/03/2016, n. 19852). Per questo motivo si è ribadito in altra occasione che gli atti di violenza esercitati da un’insegnante di scuola materna nei confronti di infanti di tre anni devono essere qualificati come maltrattamenti in famiglia (Cass. pen. sez. VI, 15/02/2017, n. 11956) e che il compimento sistematico di atti di natura vessatoria integra il reato previsto dall’art. 572 c.p. anche qualora le condotte dell’agente siano sorrette da un intento educativo o animate da spirito “di protezione” (Cass. pen.,.sez. VI, 14/02/2017, n. 9154), asserendosi infine che il reato di maltrattamenti è configurabile in caso di comunicazione fisica e violenta in ambiente scolastico (Cass. pen. sez. VI, 22/06/2021, n. 24462).

Riferimenti normativi:

Art. 571 c.p.

Art. 572 c.p.

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