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Non paga all’ex gli alimenti, ma ha redditi “in nero”: giusta la condanna

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Penale

Reati contro la famiglia

Non paga all’ex gli alimenti, ma ha redditi “in nero”: giusta la condanna

martedì 10 gennaio 2023

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad un uomo per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio (art. 570-bis c.p.), la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 21 dicembre 2022, n. 48593 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui erroneamente il giudice aveva ritenuto attendibile quanto dichiarato dalla ex moglie, circa l’esistenza di redditi dichiarati in capo all’imputato – ha affermato che quanto sostenuto non fosse idoneo a dimostrare la radicale inattendibilità della ex moglie in ordine allo svolgimento di attività lavorativa e, nel contempo, non fosse sostenuto da specifiche deduzioni in ordine al fatto che il reo si fosse trovato in una condizione di effettiva, oggettiva, persistente e incolpevole incapacità economica, tale da giustificare l’inottemperanza per un lungo lasso di tempo, pur dovendosi tener conto, in una prospettiva di bilanciamento degli interessi in conflitto, di quanto occorrente al soggetto obbligato per assicurarsi una dignitosa sopravvivenza.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 21 dicembre 2022, n. 48593

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. VI, 22/05/2018, n. 53173

Cass. pen. sez. VI, 15/06/2022, n. 32576

Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 570-bis, c.p., sotto la rubrica «Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio» punisce con le pene previste dall’articolo 570 il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero che vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

L’art. 2, D.Lgs. 1/3/2018, n. 21, in attuazione della delega contenuta all’art. 1, comma 85, lett. q, L. 23/6/2017, n. 103 sulla riserva tendenziale di codice nella materia penale, ha inserito, all’art. 570-bis, i delitti di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, già previsti all’art. 12-sexies, L. 01/12/1970, n. 898 e all’art. 3, L. 08/02/2006, n. 54, che sono stati contestualmente abrogati.

Attese ed importanti le modiche apportate dalla L. 8/2/2006, n. 54 al diritto di famiglia, in particolare e con riflessi di rilevanza anche penale, il nuovo istituto dell’Affido condiviso. Istituto che rispondendo all’esigenza fortemente sentita che l’impegno della educazione dei figli fosse equamente condiviso secondo un’impronta di massima responsabilizzazione di entrambi i genitori, ha anche previsto che in caso di mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento fissato dal giudice al momento dell’affido congiunto, questo fosse sanzionato penalmente con un rinvio a quanto disposto in caso di divorzio per la mancata corresponsione dell’assegno divorzile.

Infelice la tecnica del rinvio adottata in quanto si ripropone amplificata, stante la rilevanza che assume il coinvolgimento di figli minori, tutta la problematica concernente le conseguenze sanzionatorie di tale reato. Intenso, infatti, il dibattito sul piano dottrinale e giurisprudenziale, fino al coinvolgimento della Suprema Corte, relativamente all’incertezza sul tipo di sanzione a cui fare riferimento per la pena da applicare, (stante il generico richiamo alle pene, peraltro diversamente applicabili nelle varie fattispecie previste dall’art. 570); come al regime di procedibilità da adottarsi. L’inadempimento penalmente rilevante, che può esser essere totale o parziale, non richiede alcun connotato di fraudolenza, deve riguardare unicamente gli obblighi di natura economica nei confronti dei familiari, familiari rispetto ai quali permane l’obbligo di provvedere in caso di stato di indigenza degli stessi.

Superabili quindi in questa fattispecie, sulla scia anche delle argomentazioni addotte della stessa Corte costituzionale (Corte cost. 17/07/1995, n. 325) e in virtù di una interpretazione logico-sistematica come del principio di ragionevolezza, i dubbi interpretativi circa il quantum, il tipo di pena a cui far riferimento, nonché il regime di procedibilità da adottare, che altri non sarà che quella prevista dal comma 1 dell’art. 570, ossia quella della reclusione fino ad un anno alternativa ad una multa da euro 103 a euro 1.032.

Di contro, la giurisprudenza sembra orientata verso un’interpretazione restrittiva della norma, nel senso di ritenere che la rilevanza penale della violazione degli obblighi di natura economica riguardi l’inadempimento dell’obbligo solo nei confronti dei figli minorenni e maggiorenni affidati (portatori di handicap o non autonomi economicamente art. 155 c.c.): Cass. pen. sez. VI, 22/09/2011; Cass. pen. sez. VI, 27/04/2011; contraCass. pen. sez. VI, 16/12/2020, n. 36205.

Dall’estensione alla separazione della disciplina di cui all’art. 12-sexies L. divorzio deriva la responsabilità per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare del genitore separato che abbia omesso anche solo parzialmente il versamento in favore dei figli minori di quanto stabilito per il loro mantenimento, a prescindere da ogni accertamento sulla sufficienza della somma prestata in concreto alla loro sussistenza (Cass. pen. sez. VI, 05/04/2011, n. 16458). Sussiste concorso formale eterogeneo tra il delitto di cui all’art. 12-sexies L. divorzio e quello di cui all’art. 570, comma 2, n. 2c.p. qualora la mancata corresponsione dell’assegno divorzile faccia altresì mancare al figlio minore i mezzi di sussistenza (Cass. pen. sez. VI, 13/03/2012, n. 12307; Cass. pen. sez. VI, 26/09/2011, n. 34736).

Così anche per quanto riguarda il regime sanzionatorio si propende per l’applicabilità dell’art. 570, comma 2 c.p. (ossia delle pene congiunte della reclusione e della multa): Cass. pen. sez. VI, 31/10/1996.

Di recente, per l’applicabilità delle pene alternative previste all’art. 570, comma 1 c.p.: Cass. pen. sez. VI, 12/2/2014, n. 10110. L’art. 3, L. 8/2/2006, n. 54 non può trovare applicazione in caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza in quanto la norma si riferisce solo alle ipotesi di separazione di genitori coniugati (Cass. pen. sez. VI, 19/01/2017, n. 2666), configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio. Le condotte di inadempimento degli obblighi di natura economica previsti dall’art. 3, L. 8/2/2006, n. 54 costituiscono un unico reato permanente (Cass. pen. sez. VI, 20/01/2015, n. 5423).

L’art. 3, L. 8/2/2006, n. 54 è norma penale di rinvio applicabile, per la sua portata generale, a tutti i casi di mancata osservanza degli obblighi economici che i genitori separati hanno nei confronti dei figli, vi sia o non vi sia affidamento condiviso (Cass. pen. sez. VI, 09/06/2015, n. 25266).

Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello aveva confermato la sentenza del Tribunale con cui l’imputato era stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 3, L. 08/02/2006, n. 54, avendo omesso di corrispondere alla coniuge l’intera somma stabilita dal giudice civile in favore della prole. Ricorrendo in Cassazione, l’imputato si era lamentato, per quanto qui di interesse, per il fatto che il giudice di merito avesse valorizzato la deposizione della moglie, che aveva fornito una ricostruzione non lineare e rimasta priva di riscontri in ordine alla disponibilità da parte dell’imputato di redditi lavorativi in nero, fermo restando che la teste era animata da risentimento e aveva un interesse di tipo civilistico, correlato alla costituzione quale parte civile, ciò che avrebbe reso necessaria l’acquisizione di riscontri.

La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha osservato come i giudici di merito avessero dato conto della persistente inottemperanza del reo all’obbligo, stabilito in sede di civile, di versare alla moglie separata, nell’interesse del figlio minore, la somma mensile di euro 250,00, oltre al 50% delle spese straordinarie, avendo effettuato solo versamenti parziali fino alla meta del 2017 e avendo in seguito omesso di versare alcunché fino al febbraio 2018. Tale giudizio, ha osservato la Cassazione, è stato espresso dalla Corte, a conferma di quello formulato dal primo Giudice, sulla base delle dichiarazioni rese dalla coniuge separata del ricorrente, ritenute attendibili e, peraltro, suffragate dalla puntuale indicazione delle mensilità in cui erano intervenuti pagamenti parziali e di quelle nelle quali il pagamento era stato del tutto omesso, circostanza non smentita da prove di segno contrario e, dunque, sul piano logico suffragata dalla mancata produzione di documentazione attestante versamenti diversi ed ulteriori.

D’altro canto, la ex moglie, secondo quanto rilevato dalla Corte, aveva anche sostenuto che il ricorrente era in grado di provvedere, in quanto disponeva di reddito correlato all’attività lavorativa svolta, pur omettendo di intestarsi beni e attività: a fronte di ciò, il reo si era limitato a contrapporre documentazione fiscale e frammenti di altre deposizioni, nella prospettiva di un diverso giudizio inerente al merito, ma quanto sostenuto per la S.C. non era idoneo a dimostrare la radicale inattendibilità della ex moglie in ordine allo svolgimento di attività lavorativa e, nel contempo, non era sostenuto da specifiche deduzioni in ordine al fatto che l’imputato si fosse trovato in una condizione di effettiva, oggettiva, persistente e incolpevole incapacità economica, tale da giustificare l’ inottemperanza per un lungo lasso di tempo (sul punto si richiama Cass. pen. sez. VI, n. 53173 del 22/05/2018, R., CED Cass. 274613), pur dovendosi tener conto, in una prospettiva di bilanciamento degli interessi in conflitto, di quanto occorrente al soggetto obbligato per assicurarsi una dignitosa sopravvivenza (Cass. pen. sez. VI, n. 32576 del 15/06/2022, F., CED Cass. 2836169).

Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 570-bis c.p.

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