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Riforma Cartabia: ricorso ammissibile contro la sentenza impugnata per i soli interessi civili

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Procedura penale

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Riforma Cartabia: ricorso ammissibile contro la sentenza impugnata per i soli interessi civili

lunedì 27 febbraio 2023

a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva assolto l’imputato dal reato di ricettazione contestatogli, la Corte di Cassazione penale, sez. II, con l’ordinanza 16 febbraio 2023, n. 6690 – esaminando d’ufficio la questione dell’applicabilità del “nuovo” art. 573, comma 1-bis, c.p.p., di recente introdotto dalla riforma “Cartabia” secondo il quale, «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile» – ha rimesso gli atti al Primo Presidente della Cassazione, ritenendo direttamente ed immediatamente applicabile tale norma anche ai processi già pendenti. Si tratta, tuttavia, di una soluzione non uniforme nella giurisprudenza di legittimità che, a questo punto, necessità di essere esaminata dalle Sezioni Unite per risolvere il contrasto ormai radicatosi tra le diverse Sezioni della S.C.

Cassazione penale, Sez. II, ordinanza 16 febbraio 2023, n. 6690

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. IV, 11/01/2023, n. 2854
Difformi Cass. pen. sez. V, 20/01/2023, n. 3990

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 573, comma 1-bis, c.p.p. (introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. a), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi dell’art. 6 del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni nella L. 30 dicembre 2022, n. 199, stabilisce che «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile».

L’ art. 33, D.Lgs. 10/10/2022, n. 150 è intervenuto sul testo dell’art. 573 al fine di coordinare e razionalizzare la disciplina dell’impugnazione per i soli interessi civili stabilendo, principalmente, delle nuove regole generali, a decorrere dal 30 dicembre 2022, in tema di giudizio di rinvio quando la sentenza è stata impugnata per i soli interessi civili e l’impugnazione non risulta inammissibile. Nell’ipotesi sopra evidenziata, la prosecuzione del giudizio dovrà essere intrapresa innanzi l’autorità civile competente che dovrà decidere della questione attraverso la commistione delle prove già acquisite nel corso del giudizio penale e di quelle eventualmente acquisite nel corso del giudizio di rinvio in sede civile.

In ordine alla immediata applicabilità o meno di detta norma, in mancanza di una specifica disposizione transitoria, si è già registrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità; una prima pronunzia della Quarta Sezione ha risolto in termini affermativi la questione (Cass. pen., n. 2854 del 11/01/2023), mentre risposta negativa è stata data in una sentenza della Quinta Sezione (Cass. pen. n. 3990 del 20/1/2023).

Premesso che – come è noto – il fenomeno della successione delle leggi, nel diritto processuale penale, è regolato dal principio tempus regit actum, le divergenti soluzioni trovano spiegazione nella individuazione dell’actus rilevante nel caso di specie.

Entrambe le decisioni hanno richiamato la pronunzia emessa sul tema dalle Sezioni Unite (Cass. pen. sez. Unite, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, CED Cass. 236537-01), che operò la distinzione tra modifiche legislative attinenti alla categoria del regime delle impugnazioni (nelle quali rientrano le modifiche legislative relative alla facoltà di impugnazione, alla sua estensione, ai modi ed ai termini per esercitarla) e modifiche legislative riguardanti il procedimento di impugnazione.

Le Sezioni Unite statuirono che, ai fini dell’individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento al momento di pronuncia del provvedimento da impugnare e non a quello in cui si propone l’impugnazione.

Tanto premesso, nella vicenda processuale qui esaminata, la Cassazione ha ritenuto che non vi fossero ragioni per ancorare l’applicabilità del nuovo comma 1-bis dell’art. 573 c.p.p. alla data di pronuncia della sentenza impugnata.

La nuova disposizione prevede che, in presenza di una impugnazione ai soli effetti civili non inammissibile, il processo prosegua dinanzi al giudice civile o alla sezione civile competente (nello stesso grado: l’art. 573, comma 1-bis, c.p.p., non lo dice espressamente, ma sarebbe irrazionale ipotizzare una regressione del giudizio al grado precedente; del resto l’art. 578, comma 1-bis, c.p.p., norma che regola specularmente il caso di improcedibilità dell’azione penale, prevede il rinvio al giudice civile o alla sezione civile competente «nello stesso grado»).

Prima della riforma, una impugnazione ammissibile ma proposta con motivi infondati avrebbe comportato la conferma della sentenza di primo grado (nel giudizio di appello) o il rigetto del ricorso (nel giudizio di legittimità); a una impugnazione anche solo in parte fondata sarebbe conseguita, invece, la riforma, anche solo parziale, della sentenza di primo grado ovvero l’annullamento con rinvio ai sensi dell’art. 622 del codice di rito.

Ci si è chiesti, dunque, nel provvedimento qui commentato, se la prosecuzione del giudizio davanti al giudice civile dello stesso grado, prevista dalla nuova norma, arrechi un pregiudizio alla parte che abbia impugnato prima della entrata in vigore della nuova disposizione (30 dicembre 2022): la risposta a questo interrogativo è stata negativa. Limitando l’esame della questione, per semplificazione, ai casi di impugnazione della parte civile, si è evidenziato che – come osservato anche nella sentenza della Quinta Sezione – la stessa parte ben potrebbe ignorare se il pubblico ministero a propria volta ha impugnato o impugnerà la sentenza, evidentemente agli effetti penali, il che significa che tuttora, come prima della novella, la parte civile di regola redigerà il proprio atto d’impugnazione non sapendo se la sentenza sarà impugnata ai soli effetti civili o anche agli effetti penali, evenienza quest’ultima che precluderebbe l’applicazione della nuova disposizione.

In secondo luogo, non pare dubbio che l’ammissibilità del ricorso della parte civile, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, dovrà essere comunque valutata «secondo le regole proprie del codice di rito penale (anche perché non si capirebbe quali altri parametri valutativi potrebbe essere chiamato a seguire)» (così, ancora una volta, la citata sentenza della Quinta Sezione).

In terzo luogo, la prosecuzione del giudizio avanti al giudice civile non comporterà, rispetto al passato, alcuna modificazione nella regola di giudizio ai fini dell’affermazione di responsabilità ai soli effetti civili. Già oggi, infatti, il giudice penale che si trovi a decidere sulla responsabilità civile, ai sensi dell’art. 578, comma 1, c.p.p., e quindi a verificare la sussistenza dell’illecito civile, dovrà seguire «il criterio del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente” che consente di ritenere adeguatamente dimostrata (e dunque processualmente provata) una determinata ipotesi fattuale se essa, avuto riguardo ai complessivi risultati delle prove dichiarative e documentali, appare più probabile di ogni altra ipotesi e in particolare dell’ipotesi contraria» (Corte cost., n. 182 del 30/07/2021), principio recepito nella successiva giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. sez. II, n. 11808 del 14/01/2022, R., CED Cass. 283377-01; Cass. pen. sez. IV, n. 37193 del 15/09/2022, C., CED Cass. 283739-01).

Secondo il provvedimento qui commentato, poi, una sentenza delle Sezioni Unite offrirebbe un argomento rilevantissimo a sostegno della tesi qui proposta (Cass. pen. sez. Unite, n. 22065 del 04/06/2021, C., CED Cass. 281228-01).

Hanno osservato le Sezioni Unite che «[l]a configurazione del giudizio conseguente all’annullamento in sede penale ai soli effetti civili (art. 622) come giudizio autonomo rispetto a quello svoltosi in sede penale consente alle parti di introdurlo nelle forme civilistiche previste dall’art. 392 c.p.c. nonché di allegare fatti costitutivi del diritto al risarcimento del danno diversi da quelli che integravano la fattispecie di reato in ordine alla quale si è svolto il processo penale.

Ciò giustifica anche l’emendatio della domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell’illecito civile, sempre che la domanda così integrata risulti connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio. L’emendatio, ma non la mutatio della domanda, garantisce al danneggiato di “espandere” la domanda risarcitoria allegando elementi rientranti nella fattispecie di responsabilità prevista dall’art. 2043 c.c. Al contempo, l’emendatio consente al danneggiante di evitare di subire la perdita di un grado di giudizio in conseguenza della scelta della controparte».

Analogo meccanismo, secondo l’ordinanza qui commentata, opererà in base alla nuova norma, dovendosi ritenere che, pur in assenza di un annullamento della sentenza impugnata, ma di una sola valutazione circa l’ammissibilità (la non inammissibilità) dell’impugnazione, la parte interessata o le parti interessate abbiano anche in questo caso l’onere di riassumere il processo dinanzi al giudice civile al quale esso è stato rinviato per la prosecuzione. In questo senso l’uso del verbo “rinviare” (e non già del verbo “trasmettere”) appare significativo, come già evidenziato nella sentenza C. per sostenere la necessità della riassunzione avanti il giudice civile competente per valore in grado di appello a seguito dell’annullamento della sentenza ai soli effetti civili.

Da qui, pertanto, il rinvio del ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alla sezione civile competente della stessa Corte di cassazione.

Riferimenti normativi:

Art. 573, comma 1-bis, c.p.p.

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