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Inattendibile il minore che conferma i maltrattamenti del padre verso la madre: giusta la scarcerazione

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Misure cautelari

Misure cautelari

Inattendibile il minore che conferma i maltrattamenti del padre verso la madre: giusta la scarcerazione

lunedì 20 marzo 2023

a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva annullato l’ordinanza con cui era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un uomo, ritenuto gravemente indiziato del reato di maltrattamenti in famiglia in danno della moglie, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 8 marzo 2023, n. 9848 – nell’accogliere la tesi del Procuratore della Repubblica secondo cui, per quanto qui rileva, erroneamente il Tribunale aveva ritenuto inattendibile il figlio minorenne della coppia, con affermazione assertiva e sfornita di prova – ha ritenuto che dovesse considerarsi assertiva l’affermazione per la quale il minorenne avrebbe dovuto accusare il padre in ragione della “tendenza alla colpevolizzazione del padre per le sue continue assenza da casa”.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 8 marzo 2023, n. 9848

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. III, 03/10/1997, n. 8962
Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 192, c.p.p., sotto la rubrica «Valutazione della prova», prevede che “1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.

  1. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti.
  2. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità.
  3. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b)”.

Chiedersi se la regola di valutazione del secondo comma dell’art. 192 debba applicarsi anche nella valutazione degli indizi richiesti dall’art. 173 come presupposto per l’applicazione di una misura cautelare, come nel caso di specie, è domanda fuorviante.

Per l’esistenza del fumus commissi delicti è indicata soltanto la presenza di indizi gravi e non anche precisi e concordanti. L’assenza di questi due ultimi requisiti nel dettato normativo fa la differenza fra la prova indiziaria o logica o indiretta e gli elementi probatori che giustificano un provvedimento cautelare: considerare la specificità o la concordanza impliciti nel testo dell’art. 273 sarebbe andare oltre la volontà del legislatore. Infatti, il termine “indizio” nel contesto dell’art. 273, comma 1, non intende segnalare una particolare tipologia probatoria, il che esclude la questione della valutazione della cd. prova diretta ai fini dell’emissione di una misura cautelare, ma evidenzia piuttosto la peculiare consistenza dimostrativa che di consueto assumono gli elementi conoscitivi su cui si innestano i provvedimenti cautelari (Spagnolo, Il mutato quadro valutativo dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273, 1° comma, c.p.p., in GI, 2002, 1029).

In dottrina si evidenzia come «sarebbe paradossale non attribuire alla prova diretta un effetto, quantomeno, eguale alla indiretta, al livello di dimostrazione del fumus di cui si tratta» (Chiavario, sub art. 273, in Comm. Chiavario, III, Torino, 1990, 31; Nappi, Guida al codice di procedura penale, 227; Tonini, Profili generali del procedimento penale, 33). Partendo da tali premesse (Cass. pen. sez. Unite, 21/04/1995, C. e altro, in CP, 1995, 2837; Cass. pen. sez. VI, 12/12/1995, M., in ANPP, 1996, 641; Cass. pen. sez. VI, 25/5/1995, Tontoli ed altri, in ANPP, 1996, 146; Cass. pen. sez. III, 12/08/1993, A., in CP, 1994, 2161; Cass. pen., Sez. I, 22/6/1992, Bono, in ANPP, 1993, 147), si è arrivati ad escludere l’applicabilità delle norme dettate per la prova nel libro III del codice, ai fini delle decisioni cautelari e, in particolare, a negare che gli indizi in fase cautelare debbano essere oltre che gravi, anche plurimi, precisi e concordanti (Cass. pen. sez. Unite, 21/4/1995, C. e altro, in CP, 1995, 2837; Cass. pen., Sez. III, 23/2/1998, D., in RP, 1998, 816; Cass. pen., Sez. VI, 19/4/1995, Papa, in ANPP, 1996, 464; Cass. pen. sez. I, 25/10/1993, G., in CP, 1995, 1906; Cass. pen. sez. I, 22/10/1993, S., in CP, 1995, 2609; Cass. pen. sez. VI, 1/10/1993, G., in CP, 1995, 1909. Cass. pen. sez. I, 3/10/1997, M., in ANPP, 1999, 4; Cass. pen. sez. III, 23/2/1998, D., in RP, 1998, 816; Cass. pen. sez. VI, 26/1/1999, D.G., in CP, 2000, 983; contra, Cass. pen. sez. V, 25/11/1994, F., in GP, 1995, III, 454; Cass. pen. sez. I, 19/01/1994, I., in Mass. Uff., 196654; Cass. pen. sez. I, 20/01/1992, Bernasconi, in Mass. Uff., 189275).

Con particolare riferimento alle dichiarazioni dei minori ed alla valutazione della loro attendibilità, la giurisprudenza ritiene che la valutazione del contenuto della dichiarazione del minore – parte offesa – in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame: dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. Proficuo è l’uso dell’indagine psicologica, che concerne due aspetti fondamentali: l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità.

Il primo consiste nell’accertamento della sua capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’età, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari.

Il secondo – da tenere distinto dall’attendibilità della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice – è diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna. In ogni caso bisogna evitare ogni trauma ulteriore, non strettamente ed assolutamente indispensabile (Cass. pen. sez. III, n. 8962 del 3/10/1997, CED Cass. 208447 – 01).

Si è chiarito che la testimonianza di persona minore deve essere valutata dal giudice nel doppio profilo della sua capacità di deporre – intesa quale attitudine psichica, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti ed a riferirne – e della veridicità del racconto. Ciò non implica per altro che, una volta positivamente valutata sotto entrambi i profili, detta testimonianza, anche quando provenga dalla persona offesa dal reato, non possa da sola integrare la prova del fatto narrato, dovendosi in particolare escludere la necessità del concorso di elementi utili a rafforzare il convincimento del giudice (Cass. pen. sez. III, n. 39959 del 22/10/2003, CED Cass. 228311 – 01).

In tema di criteri di valutazione probatoria, la suggestionabilità del minore è peraltro rilevante ai fini del giudizio di attendibilità della sua deposizione solo quando il grado di influenzabilità individuale assume forme patologiche, come nelle personalità isteriche od immature. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che i condizionamenti familiari siano di per sé idonei ad influenzare il racconto dei minori, sì da integrare il dedotto vizio di illogicità della motivazione: Cass. pen. sez. III, n. 42984 del 21/11/2007, CED Cass. 238065 – 01).

Tanto premesso, nel caso in esame, il Tribunale di Catania aveva annullato l’ordinanza con cui era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un uomo, ritenuto gravemente indiziato del reato di maltrattamenti in famiglia in danno della moglie. Proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, sostenendo l’erroneità del provvedimento quanto al giudizio di gravità indiziaria e alla esistenza delle esigenze cautelari. In particolare, per quanto qui di interesse, il PM censurava l’ordinanza nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto inattendibile il figlio quindicenne della coppia – che, pur con difficoltà e ritrosia, aveva confermato i maltrattamenti subiti dalla madre – in ragione di un sentimento ostile nei confronti del padre derivante dalle assenze di questi dall’abitazione familiare a causa del lavoro, trattandosi di una affermazione assertiva e sfornita di prova in quanto basata solo sulle affermazioni del reo.

La Cassazione, nell’accogliere la tesi del PM, ha ritenuto illogica l’affermazione secondo cui il figlio quindicenne della coppia, che aveva anch’egli confermato i fatti per cui si procede, avrebbe dovuto accusare il padre in ragione della “tendenza alla colpevolizzazione del padre per le sue continue assenza da casa”. Si tratta anche per la S.C., di una affermazione assertiva, rispetto alla quale nulla era stato chiarito:

a) sulla base di quali elementi fosse stata fatta derivare la prova di questa “tendenza” a colpevolizzare il padre;

b) in cosa sarebbe consistita detta tendenza e perché si sarebbe dovuta tramutare in un sentimento inquinante al punto da accusare ingiustamente il padre di fatti gravi come quelli per cui si procede;

c) perché se la “tendenza” a colpevolizzare il padre avesse origine a causa dell’assenza di questi, il ragazzo avrebbe dovuto riferire fatti che avrebbero allontanato dalla famiglia il padre in modo maggiore.

Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 192 c.p.p.

Art. 572 c.p.

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