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Programmi giustizia riparativa: nessuna nullità se il giudice omette di informare l’interessato

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a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza di patteggiamento con cui il giudice aveva applicato la pena nei confronti dell’imputato per il reato di maltrattamenti, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 13 giugno 2023, n. 25367 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui la sentenza era affetta da nullità per non aver il giudice d’ufficio valutato la possibilità di disporre l’avvio di un programma di giustizia riparativa – ha invece affermato, per quanto consta per la prima volta, che la nuova disciplina introdotta dalla riforma “Cartabia” non impone al giudice di avvalersi del potere di avviare l’imputato a programmi di giustizia riparativa, né di motivare la sua scelta con la conseguenza che nel caso di mancata attivazione del percorso riparativo, come nel caso di omesso avviso in ordine alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, non è configurabile alcuna nullità, né speciale, né di ordine generale, non essendo compromesso alcuno dei diritti e facoltà elencati all’art. 178, lett. c), c.p.p.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 13 giugno 2023, n. 25367

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti in termini
Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 129-bis, c.p.p., sotto la rubrica «Accesso ai programmi di giustizia riparativa», stabilisce che “1. In ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa.

  1. La richiesta dell’imputato o della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b) del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
  2. L’invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato.
  3. Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415-bis, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Si osservano le disposizioni dell’articolo 159, primo comma, n. 3), primo periodo, del codice penale, e dell’articolo 344-bis, commi 6 e 8, nonché, in quanto compatibili, dell’articolo 304.
  4. Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l’autorità giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore”.

A sua volta, l’art. 419, c.p.p., sotto la rubrica «Atti introduttivi», prevede, per quanto qui di interesse, al comma 3-bis, che “L’imputato e la persona offesa sono altresì informate che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa”.

L’art. 129-bis (introdotto dall’art. 7, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10/10/2022, n. 150) è la norma di portata generale che funge da ponte di collegamento ed innesto della giustizia penale tradizionale con la giustizia riparativa. Si tratta, tuttavia, di paradigmi che restano autonomi e, soprattutto, la giustizia riparativa non si pone né come alternativa né come sussidiaria rispetto a quella tradizionale. L’esatta comprensione del significato autentico della giustizia riparativa è l’imprescindibile presupposto perché alla nuova sintassi normativa si accompagni la necessaria competenza semantica per interpretare e applicare la norma “vettore”, senza confusioni di piani diversi e “crisi di rigetto”, nel rispetto dei reciproci “ruoli”. La giustizia riparativa ha un alto grado di autarchia: si eregge sui suoi principi, coltiva autonomi obiettivi, coinvolge specifici soggetti che si confrontano su un tema collegato, ma non identificabile con l’oggetto del processo penale. Da questo punto di vista, la legge organica offerta dalla riforma si rivela particolarmente preziosa, fornendo un’utile bussola che, nella parte dedicata a «definizioni principi e obiettivi» (artt. 4246, D.Lgs. n. 150/2022), servirà come orientamento culturale per gli operatori, prima ancora che come compendio precettivo.

Tanto premesso, nel caso in esame, l’imputato aveva chiesto ed ottenuto di definire il proprio processo mediante sentenza di patteggiamento per il reato di maltrattamenti. Ricorrendo in Cassazione avverso tale sentenza, si doleva del fatto che, a seguito delle modifiche apportate dalla riforma “Cartabia”, il giudice non aveva valutato, come avrebbe dovuto, la possibilità di disporre l’avvio di un programma di giustizia riparativa, facoltà esercitabile anche d’ufficio in base alla nuova previsione contenuta all’art. 129-bis c.p.p. In ogni caso, sosteneva che avrebbe dovuto ricevere l’avviso in ordine alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha precisato che le nuove previsioni contenute all’art. 129-bis e 419, comma 3-bis, c.p.p. non contemplano alcuna ipotesi di nullità nel caso di mancata applicazione. In particolare, l’art. 129-bis c.p.p., nel prevedere la possibilità che il giudice disponga d’ufficio l’invio delle parti ad un centro per la mediazione, si limita a disciplinare un potere – essenzialmente discrezionale – riconosciuto al giudice, senza introdurre espressamente un obbligo di attivarsi.

A ben vedere, infatti, l’opzione circa la sollecitazione del procedimento riparativo è dettata da una serie di valutazioni che attengono alla tipologia del reato, ai rapporti tra l’autore e la persona offesa, all’ idoneità del percorso ripartivo a risolvere le questioni che hanno determinato la commissione del fatto. Si tratta di una valutazione che, per i Supremi Giudici, non impone al giudice di avvalersi del richiamato potere, né di motivare la sua scelta” con la conseguenza che nel caso di mancata attivazione del percorso riparativo non è configurabile alcuna nullità, né speciale, né di ordine generale, non essendo compromesso alcuno dei diritti e facoltà elencati all’art. 178, lett. c), c.p.p.

Analoghe considerazioni valgono per la Cassazione anche in relazione all’omesso avviso in ordine alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa contemplato dall’art. 419, comma 3-bis, c.p.p. La norma, infatti, non prevede alcuna nullità speciale per il caso in cui l’avviso venga omesso, né può ritenersi che l’omissione vada a ledere il diritto dell’imputato di accedere a tale forma di definizione del procedimento. L’avviso in esame, a ben vedere, ha solo una finalità informativa e, peraltro, si inserisce in una fase in cui l’imputato beneficia dell’assistenza difensiva, con la conseguenza che dispone già del necessario presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alternative processuali previste dal codice, ivi compresa quella di richiedere l’accesso al programma di giustizia riparativa.

Infine, la S.C. ha aggiunto che la deduzione della nullità della sentenza per una violazione asseritamente intervenuta prima della formulazione della richiesta di patteggiamento, esula dalle ipotesi rispetto alle quali l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. consente la proposizione del ricorso in cassazione.

Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 129-bis c.p.p.

Art. 419, comma 3-bis c.p.p.

Art. 448, comma 2-bis c.p.p.

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