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Ne bis in idem, sono da valutare anche i fatti omessi nell’atto di imputazione

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Penale

Cooperazione giudiziaria

Ne bis in idem, sono da valutare anche i fatti omessi nell’atto di imputazione

giovedì 16 novembre 2023

di Bovino Claudio Avvocato in Milano

Ai fini dell’applicazione del “principio del ne bis in idem”, occorre prendere in considerazione non solo i fatti menzionati nel “petitum” dell’atto di imputazione formulato dalle autorità competenti di un altro Stato membro nonché nel dispositivo della sentenza definitiva, ma anche i fatti menzionati nella motivazione della sentenza e nella fase istruttoria, che però non siano stati riprodotti nell’atto di imputazione, nonché qualsiasi informazione rilevante relativa ai fatti materiali oggetto di un procedimento penale anteriore. È quanto affermato dalla Corte di giustizia UE nella sentenza Inter Consulting del 12 ottobre 2023 (C-726/21) relativamente all’interpretazione dell’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS), fra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese.

CGUE, sentenza del 12 ottobre 2023, C-726/21, Inter Consulting

Il fatto

Come già affermato dall’AG, i fatti di causa sono alquanto complessi.

Abbiamo due cause apparentemente, per gli stessi fatti, in Croazia e in Austria.

In estrema sintesi, nel procedimento principale, pendente in Croazia, diverse persone sono state accusate di aver causato un danno patrimoniale a una società croata nell’ambito dell’attuazione di un progetto di alloggi turistici situati in Croazia.

Nel processo avviato in Austria:

– durante il giudizio due di tali persone sono state assolte dall’accusa di appropriazione indebita di fondi di una banca austriaca che aveva finanziato tale progetto;

– il procedimento inizialmente avviato nei confronti di tali persone è stato parzialmente archiviato per mancanza di prove quanto ad altri fatti relativi allo stesso progetto.

In Croazia, la questione è giunta dinanzi allo Županijski sud u Puli-Pola (Tribunale di comitato di Pola, Croazia) il quale ha osservato che il procedimento dinanzi ad esso pendente potrebbe essere precluso dal principio del “ne bis in idem”, in considerazione del giudizio svoltosi in Austria.

Ma su questo aspetto il Tribunale di comitato di Pola non è certo e ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia, ritenendo che si dovesse chiarire quali sono le informazioni da prendere in considerazione. Questo perché nella prassi giudiziaria croata, per valutare se la tutela offerta dal principio del ne bis in idem trovi applicazione, i giudici croati possono prendere in considerazione soltanto i fatti menzionati in determinate parti degli atti processuali, come nel petitum di un atto di imputazione o di una sentenza definitiva.

In definitiva, per applicare il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (CAAS):

– si deve tener conto solo dei fatti fondamentali richiamati nel petitum dell’atto di imputazione, emesso da una procura di un altro Stato membro, e nel dispositivo di una sentenza definitiva pronunciata in un altro Stato membro?

– oppure, si deve tener conto anche dei fatti richiamati nella motivazione di tale sentenza, in relazione ai quali il procedimento è stato archiviato?

Adesso, per chi voglia esaminare meglio i fatti di causa, passiamo alla “versione lunga”.

I fatti nel dettaglio

Partiamo con il giudizio promosso in Croazia.

Nel 2015 la procura distrettuale di Pola ha emesso un atto di imputazione nei confronti dei signori GR, HS, IT e della società Interco:

– GR era membro del consiglio di amministrazione della Interco (poi, INTER Consulting d.o.o.) e aveva anche la qualità di socio all’interno della Rezidencija Skiper d.o.o. e possedeva quote sociali nella Alterius d.o.o.;

– HS era presidente del consiglio di amministrazione della Interco e possedeva anche quote sociali nella Alterius,

– IT aveva l’incarico di stimare il valore dei beni immobili.

In particolare, la procura di Pola accusava, da un lato, GR e la Interco di aver commesso il reato di appropriazione indebita nelle operazioni commerciali, e, dall’altro, HS e IT di aver, rispettivamente, istigato e aiutato a commettere tale reato.

L’atto di imputazione croato è stato confermato con decisione nel 2016 della sezione penale del Tribunale distrettuale di Pola.

Nel frattempo, in Austria era stato avviato un procedimento penale per gli stessi fatti.

In particolare, le autorità penali austriache avevano avviato procedimenti penali nei confronti di due ex membri del consiglio di amministrazione della Hypo Alpe Adria Bank (istituto bancario situato in Austria), nonché nei confronti di GR e HS in quanto complici di questi due ex membri del consiglio di amministrazione. Secondo l’imputazione formulata dalla procura di Klagenfurt, costoro avrebbero commesso il reato di appropriazione indebita per aver approvato, tra il settembre 2002 e il luglio 2005, la concessione di crediti alla Rezidencija Skiper e alla Skiper Hoteli, per un importo totale pari ad almeno 105 milioni di euro, senza aver né rispettato i requisiti relativi al conferimento di fondi propri adeguati e al controllo dell’utilizzo dei fondi, né tenuto conto, da un lato, dell’assenza di documentazione sulla realizzazione dei progetti che giustificasse la concessione di tali crediti e, dall’altro, dell’insufficienza sia dei titoli a garanzia del pagamento sia della capacità di rimborso delle società di cui trattasi.

Veniva inoltre addebitato a GR e HS il fatto che, avendo sollecitato la concessione dei crediti, avessero istigato gli stessi ex membri del consiglio di amministrazione a commettere il reato contestato o vi avessero contribuito.

A seguito di una domanda di HS, la procura di Klagenfurt ha inoltre confermato che, riguardo ai procedimenti penali avviati contro GR e HS, l’atto di imputazione austriaco contemplava anche la vendita di beni immobili alla Skiper Hoteli per il tramite della Alterius per un prezzo eccessivamente elevato, nonché il pagamento sospetto di spese di gestione del progetto.

Con sentenza del Tribunale del Land austriaco i due ex membri del consiglio di amministrazione della Hypo Alpe Adria Bank sono stati riconosciuti colpevoli, in parte, dei fatti loro addebitati e sono stati condannati per aver approvato uno dei crediti concessi alla Skiper Hoteli, per un importo pari a oltre 70 milioni di euro.

Per contro, GR e HS sono stati assolti dall’accusa di aver, rispettivamente, istigato o contribuito alla commissione dei reati contestati agli ex membri del consiglio di amministrazione della Hypo Alpe Adria Bank.

La sentenza è diventata definitiva a seguito del rigetto dell’impugnazione proposta contro quest’ultima dinanzi alla Corte suprema.

Inoltre, la procura di Pola, anch’essa investita di altri reati collegati alla Hypo Alpe Adria Bank, nel 2014 aveva ripetutamente chiesto alla procura di Klagenfurt di verificare se quest’ultima conducesse in Austria un procedimento parallelo a quello avviato in Croazia. Alla luce delle informazioni fornite dalla procura di Klagenfurt, identiche, in sostanza, a quelle successivamente esposte nel petitum dell’atto di imputazione austriaco, la procura di Pola ha ritenuto che i fatti esaminati dalla procura di Klagenfurt e dal Tribunale del Land non fossero giuridicamente rilevanti ai fini della configurazione del reato oggetto del procedimento penale principale.

Questioni pregiudiziali

In tali circostanze, il Tribunale distrettuale di Pola ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

– se l’art. 54 della CAAS, letto alla luce dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, debba essere interpretato nel senso che, in sede di valutazione del rispetto del principio del ne bis in idem, occorra prendere in considerazione unicamente i fatti menzionati nel petitum dell’atto di imputazione formulato dalle autorità competenti di un altro Stato membro nonché nel dispositivo della sentenza definitiva pronunciata in quest’ultimo Stato, o se occorra anche tener conto di tutti i fatti menzionati nella motivazione di tale sentenza, compresi quelli oggetto della fase istruttoria, che però non siano stati riportati nell’atto di imputazione.

Il giudice del rinvio, infatti, ritiene che possa esistere, per quanto riguarda GR e HS, un nesso materiale, spaziale e temporale inscindibile tra i fatti indicati nel petitum dell’atto di imputazione croato e i fatti indicati nel petitum dell’atto di imputazione austriaco, quelli indicati nel dispositivo e nella motivazione della sentenza definitiva austriaca nonché quelli per i quali le indagini preliminari sono state condotte dalla procura di Klagenfurt nei confronti, in particolare, di GR e di HS, successivamente omessi nell’atto di imputazione austriaco.

Decisione

La Corte Ue di giustizia europea ha precisato che, come risulta dalla formulazione dell’art. 54 della CAAS, nessuno può essere sottoposto ad un procedimento penale in uno Stato membro per i medesimi fatti per i quali sia stato già giudicato con sentenza definitiva in un altro Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o non possa più essere eseguita, secondo la legge di quest’ultimo Stato.

Le due condizioni del principio del “ne bis in idem”

Pertanto, l’applicazione del principio del “ne bis in idem” è soggetta a una duplice condizione:

1) che vi sia una decisione definitiva anteriore (condizione bis),

2) che gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore quanto dei procedimenti o delle decisioni successivi (condizione idem).

La Corte Ue sottolinea che il testo dell’art. 54 della CAAS non stabilisce una condizione relativa agli elementi che devono essere presi in considerazione in sede di esame della questione, se il procedimento pendente dinanzi a un giudice di uno Stato membro riguardi i medesimi fatti di quelli relativi a un procedimento anteriore concluso con una decisione definitiva in un altro Stato membro.

Considerazioni sulla “condizione bis”

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue sulla condizione “bis”, affinché una persona possa essere considerata “giudicata con sentenza definitiva” per i fatti che le sono addebitati, è necessario che l’azione penale sia definitivamente estinta.

Vediamo cosa dicono i giudici europei in merito al caso concreto esaminato.

Per quanto riguarda la sentenza definitiva austriaca, secondo il giudice del rinvio (il Tribunale distrettuale di Pola), in forza del diritto austriaco una siffatta decisione ha autorità di cosa giudicata e osta a un nuovo procedimento per gli stessi fatti. Ne deriverebbe che tale sentenza estinguerebbe definitivamente, in tale Stato membro, l’azione penale nei confronti di GR e HS, poiché questi ultimi sono stati assolti dalle accuse secondo le quali essi avrebbero istigato a commettere i reati contestati agli ex membri del consiglio di amministrazione della Hypo Alpe Adria Bank, o contribuito agli stessi. Tuttavia, secondo la Corte Ue spetta al giudice del rinvio verificare (ricorrendo, se necessario, alla procedura di cooperazione prevista all’art. 57 della CAAS) se tale sia realmente l’effetto della sentenza definitiva austriaca.

Per quanto riguarda la decisione della procura di Klagenfurt, di procedere alla chiusura parziale per insufficienza di prove, delle indagini a cui GR e HS erano sottoposti con l’accusa di appropriazione indebita, la Corte Ue ribadisce che una tale decisione può considerarsi definitiva se sia stata pronunciata a seguito di un esame condotto nel merito della causa.

Nel caso di specie, risulta che, in Austria, GR e HS sono stati sottoposti a indagini preliminari per fatti diversi da quelli presi in considerazione, in definitiva, nell’atto di imputazione austriaco. In particolare, la procura di Klagenfurt si sarebbe limitata a informare GR e HS che, nei loro confronti, si poneva fine alle indagini relative al caso Skiper, per quanto riguarda il reato di appropriazione indebita per insufficienza di prove. Pertanto, la procura di Klagenfurt avrebbe posto fine all’indagine sulla base di fatti che non sarebbero stati precisati nel dispositivo della sentenza definitiva austriaca.

Considerazioni sulla “condizione idem”

Per quanto riguarda la condizione “idem”, la Corte di giustizia richiama una giurisprudenza consolidata e afferma che il criterio rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di uno stesso reato è quello dell’identità dei fatti materiali, inteso come l’esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro che abbiano condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato.

Inoltre, la Corte Ue precisa che la condizione idem esige che i fatti materiali siano identici. Di conseguenza, il principio del ne bis in idem non trova applicazione quando i fatti di cui trattasi non sono identici, bensì soltanto analoghi.

Nel caso di specie, l’atto di imputazione croato riguarda reati che GR e HS avrebbero commesso tra il 2004 e il 2006, mentre i fatti di cui è stata disposta la chiusura dalla procura di Klagenfurt, si sono svolti nel corso del periodo compreso tra il 2002 e il luglio 2005 e che sono identici a quelli indicati nell’atto di imputazione croato. Pertanto, tale giudice rileva che le indagini riguardavano in parte fatti oggetto dell’atto di imputazione croato, il che si spiegherebbe con la circostanza che la concessione del credito in questione in Austria ha preceduto i fatti commessi in Croazia. Infatti, in mancanza della concessione di tale credito, l’acquisto in Croazia dei beni immobili e delle quote sociali di cui trattasi nel procedimento principale non sarebbe stato possibile.

A tal proposito, la Corte Ue fornisce al giudice del rinvio, l’unico a cui spetta determinare se i fatti oggetto dell’atto di imputazione croato siano gli stessi di quelli giudicati in via definitiva dai giudici in Austria, gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione nell’ambito della valutazione dell’identità di tali fatti.

In particolare, la Corte Ue afferma che ai fini dell’esame della “condizione idem”, il giudice del rinvio deve valutare non solo i fatti menzionati nei dispositivi degli atti processuali comunicati da un primo Stato membro, ma anche i fatti menzionati nella motivazione di tali atti nonché qualsiasi informazione rilevante relativa ai fatti materiali oggetto di un procedimento penale anteriore condotto nel primo Stato membro e conclusosi con una decisione definitiva. Inoltre, il principio del ne bis in idem non può comprendere eventuali reati i quali, pur essendo stati commessi durante lo stesso periodo in cui sono stati commessi i reati oggetto di una decisione definitiva pronunciata in un altro Stato membro, riguardino fatti materiali diversi da quelli oggetto di tale decisione.

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