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Pene sostitutive e Cartabia: condizioni di applicabilità delle “vecchie” disposizioni

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Penale

Sanzioni sostitutive

Pene sostitutive e Cartabia: condizioni di applicabilità delle “vecchie” disposizioni

martedì 16 gennaio 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza di un di applicazione in executivis delle sanzioni sostitutive ex art. 95 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la Corte di Cassazione penale, Sez. I, con la sentenza 10 gennaio 2024, n. 1238 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui erroneamente il giudice aveva ritenuto che le sanzioni sostitutive non assicurassero la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati – ha affermato il principio secondo cui, per effetto del combinato disposto dell’art. 58L. n. 689/1981 e dell’art. 95D.Lgs. 150/2022, il giudice dell’esecuzione deve decidere sulla istanza di sanzioni sostitutive valutando se esse risultino più idonee alla rieducazione del condannato e se esse assicurino la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, dovendole senz’altro negare ove formuli una prognosi di inadempimento delle prescrizioni da parte del condannato.

Cassazione penale, Sez. I, sentenza 10 gennaio 2024, n. 1238

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti
Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 58, L. 24 novembre 1981, n. 689, recante “Modifiche al sistema penale”, pubblicata nella G.U. 30 novembre 1981, n. 329, S.O., nel testo modificato dal D Lgs. n. 150/2022, sotto la rubrica “Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”, dispone che ” il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”.

La norma transitoria dell’art. 95D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia) del 2022, dispone a sua volta, che “le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto. Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio”.

Tanto premesso, nel caso in esame, il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza del condannato di applicazione in executivis delle sanzioni sostitutive ex art. 95, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. In particolare, il giudice dell’esecuzione aveva ritenuto di non poter formulare prognosi favorevole alla luce dell’ulteriore condanna riportata dall’imputato con sentenza della Corte d’appello.

Avverso il predetto provvedimento proponeva ricorso per cassazione il condannato, dolendosi del fatto che la condanna citata nel provvedimento impugnato non era ancora passata in giudicato, perché comunque i reati in essa attribuiti al reo erano stati commessi oltre 10 anni or sono, perché negli anni il condannato aveva svolto due volte l’affidamento terapeutico con esito favorevole, perché le fragilità psichiche e fisiche del reo ne sconsigliavano il ritorno in carcere, perché il reo era destinato a restare in comunità terapeutica almeno per altri cinque anni, data dell’attuale fine pena, talché anche per il futuro non è possibile che potesse commettere ulteriori reati.

La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C., richiamata la normativa applicabile, ha evidenziato come, per effetto del combinato disposto dell’art. 58L. n. 689/1981 e dell’art. 95D.Lgs. n. 150/2022, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto decidere sulla istanza di sanzioni sostitutive valutando se esse risultavano più idonee alla rieducazione del condannato e se esse assicuravano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, ed avrebbe dovuto senz’altro negarle se avesse formulato una prognosi di inadempimento delle prescrizioni da parte del condannato.

Nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione, invece, aveva dettato a verbale di udienza un provvedimento che non consentiva di comprendere adeguatamente il percorso logico seguito dal giudicante per respingere l’istanza. Il sintetico riferimento all’ulteriore condanna riportata dall’imputato con sentenza della Corte d’appello indurrebbe a pensare che il giudice dell’esecuzione abbia ritenuto che le sanzioni sostitutive non assicuravano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, però una motivazione di questo tipo, per la Cassazione, andava pur sempre riempita di contenuto per non essere giudicata puramente assertiva. Sotto questo profilo, pertanto, il provvedimento non ha resistito alle censure articolate dalla difesa, non consentendo di comprendere se il giudice dell’esecuzione aveva valutato che i reati attribuiti al reo nel diverso procedimento pendente nei suoi confronti risalivano ad oltre dieci anni fa, e se aveva valutato che in epoca successiva il condannato aveva svolto l’affidamento terapeutico con esito favorevole.

Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso.

La decisione merita di essere favorevolmente commentata. Si tratta, per quanto consta, del primo precedente giurisprudenziale sulla questione, essendosi finora la giurisprudenza di legittimità occupatasi della disciplina transitoria posta Cartabia di profili diversi.

In particolare, si è affermato che in tema di sostituzione delle pene detentive brevi previste dall’art. 58L. 24 novembre 1981, n. 689, come modificato dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n.150, il giudice che, per i precedenti penali dell’imputato, abbia valutato la pena sostitutiva di cui è richiesta l’applicazione non idonea alla rieducazione del predetto, non è tenuto a compiere anche gli accertamenti sulle condizioni economiche e patrimoniali previsti dall’art. 545-bis c.p.p. (Cass. pen., Sez. IV, n. 42847 del 11/10/2023, CED Cass. 285381 – 01).

Si è poi aggiunto che il provvedimento emesso all’esito dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 545-bis c.p.p., con cui si decide sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive, non è impugnabile autonomamente rispetto alla sentenza che definisce il giudizio (Cass. pen., Sez. V, n. 43960 del 3/10/2023, CED Cass. 285307 – 01) e, ancora, che il giudice non deve in ogni caso proporre all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito, al riguardo, di un potere discrezionale, sicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, c.p.p., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (Cass. pen., Sez. II, n. 43848 del 29/9/2023, CED Cass. 285412 – 01).

Riferimenti normativi:

Art. 58 L. 24 novembre 1981, n. 689

Art. 95 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150

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