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Il giudice non può indicare la durata del percorso di recupero cui è subordinata la pena sospesa

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Penale

Estinzione del reato e della pena

Il giudice non può indicare la durata del percorso di recupero cui è subordinata la pena sospesa

martedì 05 marzo 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva fissato un termine di durata del programma di recupero del condannato ai fini dell’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, la Corte di Cassazione penale, Sez. I, con la sentenza 23 febbraio 2024, n. 8104 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui, ai sensi dell’art. 165 comma 6 c.p., il Giudice deve limitarsi ad indicare il termine entro il quale l’obbligo imposto deve essere adempiuto, e non invece la durata – ha affermato il principio secondo cui la norma citata, nello stabilire che il giudice indica il termine entro il quale l’obbligo imposto (nel caso di specie ai sensi dell’art. 165 comma 5 c.p.), deve essere adempiuto, esclude che l’autorità giudiziaria possa introdurre un termine che disponga in merito alla durata del percorso di recupero, cui è stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Cassazione penale, Sez. I, sentenza 23 febbraio 2024, n. 8104

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti
Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 165, c.p., sotto la rubrica «Obblighi del condannato», dopo aver stabilito al comma 1 che “La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna”, per quanto qui di interesse, prevede al comma 5 gli obblighi cui è sempre subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena in relazione a determinati, gravi, reati (ossia alla “partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell’articolo 164”), stabilendo, poi, al successivo comma 6 che “Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti”.

Il giudice, dunque, deve fissare in sentenza, ai sensi del comma 5 dell’art. 165, il termine entro il quale il condannato deve adempiere agli obblighi imposti. Ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 1, il mancato adempimento dell’obbligo entro tale termine, comporta la revoca della sospensione.

È discusso in giurisprudenza se sia ammissibile l’apposizione di un termine per l’adempimento dell’obbligo cui sia subordinata la sospensione condizionale della pena in data anteriore al passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Con riferimento all’obbligo di adempiere al pagamento della somma liquidata dal giudice a titolo di provvisionale in favore della parte civile, le più recenti decisioni escludono che il termine per l’adempimento possa essere fissato anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, determinandosi, altrimenti, una esecuzione ante iudicatum delle statuizioni penali della pronuncia (Cass. pen., Sez. IV, 9/7/2019, n. 29924; Cass. pen., Sez. V, 27/7/2018, n. 36154; Cass. pen., Sez. VI, 15/3/2018, n. 11998; Cass. pen., Sez. V, 28/6/2016, n. 26811; Cass. pen., Sez. VI, 30/10/2012, n. 42179; Cass. pen., Sez. VI, 15/2/2012, n. 5914). Tale orientamento è stato anche confermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. Un., 5/10/2022, n. 37503).

In senso contrario, altra parte della giurisprudenza afferma che la ammissibilità di un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza di condanna deriva, per quanto concerne l’adempimento della provvisionale, dalla previsione per legge della sua immediata esecutività (Cass. pen., Sez. III, 27/5/2016, n. 22259; Cass. pen., Sez. V, 29/1/2016, n. 4014; Cass. pen., Sez. III, 23/4/2015, n. 16893; Cass. pen., Sez. III, 8/1/2009, n. 126; Cass. pen., Sez. IV, 17/9/2004, n. 36769).

Analogamente, con riferimento all’adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno o di eliminazione delle conseguenze del reato e, in particolare, di demolizione delle opere edilizie abusive, si è affermato che il termine per l’esecuzione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza, sempre sul rilievo che non è possibile una esecuzione ante iudicatum dei capi penali della pronuncia (Cass. pen., Sez. III, 11/5/2016, n. 19316; Cass. pen., Sez. III, 2/4/2007, n. 13456).

Anche per la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’espletamento di un’attività non retribuita in favore della collettività, è illegittima la fissazione del termine di espletamento non decorrente dalla data della sentenza irrevocabile, ma da un momento antecedente (Cass. pen., Sez. III, 14/10/2013, n. 42154; Cass. pen., Sez. IV, 16/7/2007, n. 28065). L’orientamento contrario alla legittimità dell’apposizione di un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, afferma altresì che la previsione della subordinazione della sospensione condizionale della pena all’esecuzione di un adempimento ante iudicatum non perde efficacia, ma, più limitatamente, il relativo dies a quo deve essere differito, anche d’ufficio, al passaggio in giudicato della sentenza (Cass. pen., Sez. III, 11/5/2015, n. 19316).

Discussa è anche l’individuazione del termine entro il quale l’imputato deve provvedere all’adempimento dell’obbligo quando esso non sia stato fissato espressamente in sentenza. All’orientamento che lo fissa nel momento del passaggio in giudicato della sentenza (Cass. pen., Sez. I, 26/1/2022, n. 2886; Cass. pen., Sez. I, 13/4/2021, n. 13776; Cass. pen., Sez. I, 10/8/2020, n. 23742; Cass. pen., Sez. I, 30/3/2020, n. 10867; Cass. pen., Sez. I, 18/2/2020, n. 6368; Cass. pen., Sez. V, 3/10/2019, n. 40480; Cass. pen., Sez. I, 22/11/2019, n. 47649; Cass. pen., Sez. I, 17/10/2017, n. 47862; Cass. pen., Sez. VI, 14/5/1996, n. 8392) si contrappone quello che lo fissa allo scadere del termine legale quinquennale o biennale di sospensione dell’esecuzione della pena, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza stessa (Cass. pen., Sez. V, 6/3/2019, n. 9855; Cass. pen., Sez. I, 5/7/2017, n. 32418; Cass. pen., Sez. IV, 24/5/2016, n. 21583; Cass. pen., Sez. I, 10/6/2015, n. 24642; Cass. pen., Sez. I, 11/10/2013, n. 42109; Cass. pen., Sez. I, 25/10/2004, n. 41428; Cass. pen., Sez. III, 5/7/2001, n. 33933).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a pronunciarsi sulla questione con riferimento ai termini dell’obbligo risarcitorio, hanno ritenuto di dover superare entrambi gli orientamenti sopracitati: il primo, perché fa coincidere impropriamente il dies a quo con il dies ad quem, svalutando la lettera della legge che, invece, richiede esplicitamente che sia stabilito un termine (diverso da quello iniziale) entro il quale il condannato debba adempiere la prestazione; il secondo, in quanto svaluta il ruolo stesso del termine nella definizione della finalità special-preventiva della sospensione condizionale e perché, facendolo coincidere con quello previsto all’ art. 163, ricorre ad una fictio fondata sul presupposto che il termine sia contenuto per implicito nella sentenza, compiendo un’operazione interpretativa non consentita.

Hanno quindi concluso nel senso che il giudice deve necessariamente individuare il termine in un momento precedente alla scadenza dei termini di cui all’ art. 163, trattandosi di elemento essenziale dell’istituto. In caso di omissione, le parti interessate, e principalmente il pubblico ministero, possono impugnare la sentenza che tale omissione contenga, azionando il mezzo di impugnazione appositamente previsto; qualora la sentenza che contenga tale omissione non venga impugnata sul punto, il giudice d’appello può, d’ufficio o su sollecitazione delle parti, colmare la lacuna, fissando il termine per l’adempimento dell’onere risarcitorio. Passata in giudicato la sentenza, perdurando l’omissione, il giudice dell’esecuzione, su richiesta di una parte interessata o del pubblico ministero e a prescindere dalla circostanza che sia stata presentata una domanda di revoca della sospensione condizionale della pena, può provvedere alla fissazione del termine. Se il termine, infine, manca e non è stato fissato dal giudice della cognizione o da quello della esecuzione, esso coincide con quello di cinque o due anni previsto dall’art. 163, per cui l’adempimento degli obblighi deve avvenire prima della scadenza del termine di sospensione (Cass. pen., Sez. Un., 5/10/2022, n. 37503; in senso conforme: Cass. pen., Sez. I, 27/4/2023, n. 17515).

Tanto premesso, nel caso in esame, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva stabilito la durata del programma di recupero del condannato ai fini dell’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. L’ordinanza era stata impugnata davanti alla Corte di cassazione dalla difesa, la quale sosteneva che il giudice aveva errato nel determinare la durata del programma di recupero del condannato, dal momento che, ai sensi della norma applicata, art. 165 comma 6 c.p., il Giudice deve limitarsi ad indicare il termine entro il quale l’obbligo imposto deve essere adempiuto, e non invece la durata.

La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, occupandosi per la priva volta della questione, la Cassazione ha ritenuto che è estranea al dettato della norma l’introduzione di un termine che disponga in merito alla durata del percorso di recupero, cui è stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Se da un lato, osserva la Corte, è innegabile che il termine entro il quale l’obbligo deve essere adempiuto è strettamente collegato alla durata del programma di recupero, cionondimeno – ai sensi della citata norma -, non è consentito al giudice di determinare la durata del programma stesso; ben potrà quindi il giudice dell’esecuzione acquisire informazioni sulla durata del percorso intrapreso dal condannato, così da stabilire un termine per l’esecuzione che ne tenga, motivatamente conto, e tale da potergli consentire un controllo, alla scadenza del termine, circa l’effettivo adempimento dell’obbligo stesso.

Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 165, comma 5 c.p.

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