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Reati contro il patrimonio

Reati contro il patrimonio sentenza Cassazione 2 sezione penale n° 12494/25 - La privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina (e rimane in esso assorbita) solo quando la stessa si trovi in rapporto funzionale con l'esecuzione della rapina medesima

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta da:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Relatore

Dott. BORIO Mariapaola – Consigliere

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Tr.Fr. nato a Cosenza il (omissis)

avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE di APPELLO di CATANZARO

Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI AGOSTINACCHIO;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale GIUSEPPE SASSONE, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 11/07/2024 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa dal Gup del Tribunale di Cosenza il 04/12/2023, con la quale Tr.Fr., all’esito della celebrazione del giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni quattro, mesi cinque di reclusione ed Euro 1.000 di multa – previo riconoscimento di circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti – perché ritenuto responsabile dei reati di rapina aggravata e di sequestro di persona, a lui contestati ai capi 3 e 4 della rubrica.

2. Avverso la sentenza di appello propone ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia, articolando tre motivi con il quale eccepisce: la violazione di legge (artt. 628, 605, 61 n. 2 cod. pen., 192 e 546 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione con riferimento alla affermata responsabilità per entrambi i reati, senza tener conto delle censure difensive, con inadeguata valutazione delle risultanze probatorie; l’erronea applicazione della legge penale per il mancato assorbimento della fattispecie di sequestro in quella di rapina, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem, attesa l’unicità della condotta delittuosa e l’unico obiettivo criminoso; l’erronea determinazione del trattamento sanzionatorio, priva di motivazione circa il discostamento della pena base dal minimo edittale, l’aumento per la continuazione, il bilanciamento tra circostanze di segno opposto in termini di equivalenza anziché di prevalenza, con ingiustificato diniego della sostituzione della pena detentiva e dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen.

In data 25 marzo 2025 è pervenuta memoria difensiva nell’interesse del ricorrente, da ritenersi tardiva (nel mancato rispetto del termine previsto dall’art. 611 cod. proc. pen.) e, quindi, non suscettibile di esame.

3. Il ricorso è inammissibile, perché presentato per motivi non consentiti e comunque privi della specificità necessari ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.

3.1. Circa il primo motivo, è sufficiente richiamare il consolidato principio secondo cui in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370).

Nel caso di specie i giudici di merito, con sentenze conformi nei due gradi, hanno ricostruito dettagliatamente, con motivazione che si sottrae alla censura di manifesta illogicità, la condotta delittuosa alla stregua dei dati probatori, alcuni dei quali con valenza oggettiva, derivando da accertamenti scientifici, quali il prelievo del DNA, l’estrapolazione di immagini delle telecamere, i rilievi GPS.

In particolare, la corte territoriale – riscontrando i rilievi della difesa, reiterati in sede di legittimità – ha evidenziato gli elementi indizianti che hanno consentito di identificare il Tr.Fr. come l’autore della rapina (“il rapinatore più basso, con lo zaino ed il tatuaggio sulla nuca”, che ebbe a “disfarsi dei guanti in lattice durante la fuga” sui quali è stato eseguito esame del DNA, all’esito delle quali è stata registrata una elevata compatibilità con quello dell’imputato – pagg. 3 e 5, con ricostruzione plausibile dei movimenti dell’autovettura utilizzata dai rapinatori.

3.2. La corte di merito ha altresì correttamente applicato alla fattispecie in esame il principio di diritto in base al quale il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di rapina aggravata previsto dall’art. 628, comma terzo, n. 2, cod. pen. soltanto quando la violenza usata per il sequestro si identifica e si esaurisce col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa, non quando invece ne preceda l’attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo anche se finalisticamente collegato alla rapina ancora da porre in esecuzione o ne segua l’attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione, essendo ininfluente il numero esatto dei minuti (Sez. 2, n. 18913 del 28/04/2022, V., Rv. 283182); ha rilevato a riguardo che il Tr.Fr. aveva privato il direttore dell’ufficio postale della libertà personale, legandogli polsi e caviglie e così immobilizzandolo per un tempo ben superiore a quello necessario per la rapina, protrattosi durante la fuga (secondo motivo di ricorso).

3.3. Le censure sul trattamento sanzionatorio (terzo motivo) sono all’evidenza infondate: la pena base e l’aumento per la continuazione sono stati determinati in considerazione della gravità dei fatti e dell’intensità del dolo; il bilanciamento tra circostanze ha tenuto conto dei contrapposti elementi di valutazione, con esclusione della prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche; la reclusione superiore a quattro anni è causa ostativa alla sostituzione della pena detentiva; l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. risulta istanza estranea ai motivi di appello, formulata tardivamente con il ricorso in cassazione attraverso un mero cenno alla disposizione normativa, senza alcun sostegno argomentativo.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 26 marzo 2025.

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