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MAE, deve essere eseguito anche per la madre di minori in tenera età con lei conviventi

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Penale

Mandato di arresto europeo

MAE, deve essere eseguito anche per la madre di minori in tenera età con lei conviventi

lunedì 22 gennaio 2024

di Bovino Claudio Avvocato in Milano

La consegna di una persona ricercata non può essere rifiutata dal giudice per il solo motivo che si tratta della madre di minori in tenera età con lei conviventi. Lo ha affermato la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 21 dicembre 2023, C-261/22, precisando che l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo (MAE) è possibile in via eccezionale solo in caso di carenze sistemiche o generalizzate nello Stato membro emittente o nel caso in cui rischino di essere violati i diritti fondamentali degli interessati.

CGUE, Grande Sezione, sentenza 21 dicembre 2023, C‑261/22, GN

“Anche le madri vanno in carcere”: possiamo sintetizzare con le parole dell’Avvocato Generale Tamara Ćapeta adoperate nelle conclusioni del 13 luglio 2023 l’oggetto della causa C‑261/22. Per la prima volta la Corte di Giustizia ha dovuto esaminare una vicenda in cui un Mandato d’arresto europeo (MAE) è stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva nei confronti di una “madre di figli minorenni”: che peso ha in questa fattispecie l’interesse superiore del minore? È possibile rifiutare o differire l’esecuzione di un MAE se la persona ricercata è una madre convivente con i suoi figli minorenni? A queste domande ha risposto la Corte di giustizia europea, con la sentenza GN del 21 dicembre 2023, C-261/22, in accordo con l’opinione espressa dall’AG che però nel dispositivo è riformulata secondo un punto di vista per così dire “capovolto”.

Fatto

Il 26 giugno 2020, le autorità giudiziarie belghe hanno emesso un Mandato d’arresto europeo (MAE) nei confronti di una donna ai fini dell’esecuzione di una pena di cinque anni di reclusione pronunciata in assenza dal Tribunale di primo grado di Anversa, Sezione di Anversa, per reati di tratta di essere umani e agevolazione dell’immigrazione clandestina.

Alcuni mesi dopo, la donna è stata arrestata a Bologna, mentre era incinta e in compagnia di suo figlio di quasi tre anni, nato a Ferrara e con lei convivente.

La Corte di appello di Bologna, nella sua qualità di autorità giudiziaria dell’esecuzione, ha chiesto alle autorità giudiziarie belghe di fornire informazioni relative alle modalità di esecuzione, in Belgio, delle pene pronunciate a carico di madri conviventi con figli minorenni, al trattamento carcerario riservato alla donna in caso di consegna e alle misure che sarebbero state adottate nei confronti del figlio minorenne.

Non avendo ottenuto tali informazioni, il giudice italiano ha rifiutato la consegna e ha disposto l’immediata rimessione in libertà della donna: ad avviso della Corte d’appello bolognese, in mancanza di risposta dell’autorità giudiziaria belga ai suoi quesiti, non vi sarebbe stata alcuna certezza che l’ordinamento dello Stato membro emittente riconoscesse modalità di detenzione assimilabili a quelle dello Stato membro dell’esecuzione, che tutelassero il diritto della madre a non essere privata del suo rapporto con i figli e al loro accudimento e che assicurassero ai figli la necessaria assistenza materna e familiare, garantita tanto dalla Costituzione italiana quanto dall’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo e dall’art. 24 della Carta.

Questioni pregiudiziali

Investita della causa, la Corte di Cassazione italiana ha chiesto alla Corte di Giustizia UE se, ed eventualmente a quali condizioni, il giudice italiano possa rifiutare l’esecuzione del MAE in un’ipotesi di questo tipo, che non è menzionata, nella decisione quadro sul MAE fra i motivi di non esecuzione di un MAE

Decisione

In via preliminare, la Corte di giustizia europea ha ricordato l’importanza nel diritto dell’Unione sia del principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri, sia del principio di riconoscimento reciproco, che si fonda a sua volta sulla fiducia reciproca tra questi ultimi, dato che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Alla luce di tale principio la Corte Ue ha dichiarato che il giudice non può rifiutarsi di dare esecuzione a un MAE per il solo motivo che la persona ricercata è la madre di minori in tenera età con lei conviventi, dal momento che sussiste una presunzione di rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri.

MAE, principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri e rifiuto di consegna

In tale contesto, ha ribadito la Corte Ue, la decisione quadro 2002/548/GAI è diretta, mediante l’istituzione di un sistema semplificato ed efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria.

L’art. 1, par. 2, di tale decisione quadro sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a qualsiasi mandato d’arresto europeo in base al principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri e conformemente alle disposizioni di detta decisione quadro. Pertanto, come ribadito anche dalla giurisprudenza:

– le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono rifiutare di eseguire un MAE soltanto per motivi fondati sulla decisione quadro 2002/584, così come interpretata dalla Corte Ue;

– inoltre, l’esecuzione del MAE costituisce il principio, mentre il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente.

Ne consegue che la consegna della persona interessata può essere rifiutata, a titolo eccezionale, qualora vi siano elementi idonei a dimostrare l’effettività del rischio di violazione dei diritti fondamentali garantiti dall’art. 7 nonché dall’art. 24 , parr. 2 e 3, della Carta.

Sussistenza delle carenze

In merito, un passaggio interessante è rappresentato dal punto 45 della sentenza.

Qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un MAE disponga di elementi idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio a causa:

– di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età o di cura di tali minori nello Stato membro emittente,

– oppure di carenze riguardanti tali condizioni e che pregiudicano più specificamente un gruppo oggettivamente identificabile di persone, come i minori con disabilità,

tale autorità deve verificare, in modo concreto e preciso, se sussistano motivi seri e comprovati di ritenere che gli interessati corrano questo rischio a causa di dette condizioni.

Rischio di violazione dei diritti fondamentali: analisi della situazione in due fasi

Come affermato dalla giurisprudenza tale analisi richiede un esame in due fasi fondato su criteri diversi:

1) nell’ambito di una prima fase, l’autorità giudiziaria deve determinare se esistano elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati diretti a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione, nello Stato membro emittente, di tali diritti fondamentali della madre al rispetto della sua vita privata e familiare e dell’interesse superiore dei suoi figli minori, a causa di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età e di cura di tali minori;

2) nell’ambito di una seconda fase l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve verificare, in modo concreto e preciso, in quale misura le carenze identificate durante la prima fase dell’esame possano incidere sulle condizioni di detenzione della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo o di cura dei suoi figli minori e se, tenuto conto della loro situazione personale, sussistano motivi gravi e comprovati di ritenere che tale persona o tali figli minori corrano un rischio concreto di violazione di detti diritti fondamentali.

Richiesta di informazioni supplementari

A tal fine, se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritiene di non disporre di tutti gli elementi necessari all’adozione di una decisione sulla consegna della persona interessata, in applicazione dell’art. 15, par. 2, della decisione quadro 2002/584, può chiedere all’autorità giudiziaria emittente di fornire con urgenza qualsiasi ulteriore informazione che reputi necessaria.

Nel caso in cui l’autorità giudiziaria emittente non risponda in modo adeguato alla richiesta di informazioni supplementari formulata dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione, quest’ultima dovrebbe quindi procedere a una valutazione complessiva dell’insieme degli elementi a sua disposizione nell’ambito di ciascuna delle due fasi e solo nel caso in cui ritenga che sussista un rischio concreto di violazione dei diritti fondamentali deve astenersi dal dare esecuzione al mandato d’arresto europeo.

Differimento della consegna: condizioni

Solo qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritenga – alla luce di tutti gli elementi di cui dispone, ivi compresa l’eventuale assenza di garanzie fornite dall’autorità giudiziaria emittente – che sussistano, da un lato, carenze come quelle indicate al punto 45 della sentenza in esame nello Stato membro emittente e, dall’altro, motivi seri e comprovati di ritenere che, tenuto conto della loro situazione personale, l’interessato e/o i suoi figli minori corrano un rischio concreto di violazione dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 7 nonché dall’articolo 24 , paragrafi 2 e 3, della Carta, essa deve astenersi, sul fondamento dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, dal dare seguito al mandato d’arresto europeo di cui tale persona è oggetto. Nel caso contrario, essa deve procedere all’esecuzione di quest’ultimo, conformemente all’obbligo di principio stabilito all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584.

Peraltro, sebbene sia possibile, in forza dell’articolo 23, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584, differire la consegna della persona oggetto di un MAE, ciò può avvenire solo in via temporanea, a titolo eccezionale e per gravi motivi umanitari. Tenuto conto del tenore letterale di tale disposizione nonché dell’impianto sistematico dell’articolo 23 della decisione quadro, una simile sospensione non è, peraltro, praticabile per un periodo di tempo considerevole [v., in tal senso, CGUE sentenza 18/4/2023, E.D.L. (Motivo di rifiuto fondato sulla malattia), C‑699/21].

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