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Sostanze chimiche vietate: la responsabilità non è del distributore

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Penale

Reati in commercio

Sostanze chimiche vietate: la responsabilità non è del distributore

martedì 23 gennaio 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il tribunale aveva condannato un imprenditore per il reato di cui all’art. 16D.Lgs. 14 settembre 2009, n. 133, avendo immesso sul mercato colla contenente toluene in misura eccedente il limite previsto al punto 48 – all. XVII del regolamento CE 1907/2006, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 12 gennaio 2024, n. 1454 –nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui il reato in questione non poteva essere addebitato al distributore del prodotto – ha affermato il principio secondo cui il reato di cui all’ art. 16D.Lgs. n. 133/2009 è un reato proprio, configurabile esclusivamente nei confronti del “fabbricante”, dell'”importatore”, del “rappresentante esclusivo” e dell'”utilizzatore a valle”, ma non anche a carico del “distributore”, dovendosi intendere per tale colui che si limita ad immagazzinare e a immettere sul mercato la sostanza non conforme alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento CE n. 1907/2006.

Cassazione penale, Sez. III, sentenza 12 gennaio 2024, n. 1454

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti
Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 16, D.Lgs. 14 settembre 2009, n. 133 (recante la “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1907/2006 che stabilisce i principi ed i requisiti per la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche e per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1148 relativo all’immissione sul mercato e all’uso di precursori di esplosivi, che modifica il regolamento (CE) n. 1907/2006 e che abroga il regolamento (UE) n. 98/2013. Designazione delle autorità competenti e di coordinamento”), pubblicato nella G.U. 24 settembre 2009, n. 222, sotto la rubrica «Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo 67 del regolamento in materia di restrizione», punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 40.000 a 150.000 euro, “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, il fabbricante, l’importatore, il rappresentante esclusivo o utilizzatore a valle che fabbrica, immette sul mercato o utilizza una sostanza in quanto tale o in quanto componente di un preparato o di un articolo non conformemente alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento al di fuori dei casi di cui all’articolo 67 del regolamento.

La Cassazione, occupandosi del reato, ne ha escluso l’incostituzionalità, affermando che integra il reato di cui all’art. 16D.Lgs. 14 settembre 2009, n. 133, la condotta dell’importatore che immette sul mercato comunitario un articolo senza accertarsi della sua conformità alle condizioni di restrizione previste dall’art. 67Reg. CE n. 1907 del 2006, in quanto lo stesso è tenuto ad adottare le cautele necessarie, accertandosi, con la cura e la diligenza dovute dall’agente modello, della composizione del prodotto pericoloso prima di immetterlo in commercio (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 16D.Lgs. n. 133/2009 per contrasto con l’art. 27 Cost., sul rilievo che, contemplando tale disposizione una fattispecie contravvenzionale, la condotta deve essere imputata a titolo colposo a colui che abbia omesso di adottare il comportamento diligente, prudente e accorto, richiesto all’agente modello: Cass. pen., Sez. III, n. 25618 del 16/3/2022, CED Cass. 283299 – 01).

Dal testo normativo dell’art. 16 citato, emerge con immediata evidenza che il legislatore, nel sanzionare la fabbricazione, la messa in circolazione o l’utilizzo di sostanze non conformi alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento CE n. 1907/2006, fa riferimento non alle condotte di “chiunque”, ma, specificamente, alle condotte del “fabbricante”, dell'” importatore”, del “rappresentante esclusivo” e dell'”utilizzatore a valle”.

Va poi rilevato che l’art. 2 del medesimo D.Lgs. n. 133/2009 prevede, al comma 1, che “[a]i fini dell’attuazione del presente capo si applicano le definizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (n. 1907/2006)“, e, al comma 2, che “[a]i fini dell’applicazione delle sanzioni previste nel presente capo, il rappresentante esclusivo di cui all’articolo 8 del regolamento e equiparato all’importatore”. Per chiarezza, appare utile precisare che l’art. 2 cit. è collocato nel “Capo I” del D.Lgs. n. 133/2009, e che in tale “Capo I”, rubricato “Disposizioni sanzionatorie per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1907/2006 che stabilisce i principi ed i requisiti per la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche”, sono compresi gli articoli da 1 a 17http://www.example.org/legge/?Chiave=10LX0000489310ART18.

Va quindi osservato che l’art. 3 del regolamento CE n. 1907 del 2006, rubricato “Definizioni”, contiene, tra l’altro, l’esplicazione delle nozioni di “fabbricante”, “importatore”, “utilizzatore a valle” e “distributore”, mentre l’art. 8 del medesimo regolamento precisa la nozione di “rappresentante esclusivo”. Precisamente, l’art. 3 regolamento CE cit. rappresenta che:

  1. a) per “fabbricante“, si intende “ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che fabbrica una sostanza all’interno della Comunità”;
  2. b) per “importatore“, si intende “ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità responsabile dell’importazione”;
  3. c) per “utilizzatore a valle“, si intende “ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità diversa dal fabbricante o dall’importatore che utilizza una sostanza, in quanto tale o in quanto componente di un preparato, nell’esercizio delle sue attività industriali o professionali”, esplicitando, inoltre, che “(i) distributori e i consumatori non sono considerati utilizzatori a valle”;
  4. d) per “distributore“, si intende “ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità, compreso il rivenditore al dettaglio, che si limita ad immagazzinare e a immettere sul mercato una sostanza, in quanto tale o in quanto componente di un preparato, ai fini della sua vendita a terzi”.

L’art. 8 cit., dal canto suo, individua come rappresentante esclusivo la persona incaricata da chi fabbrica una sostanza fuori della Comunità europea, e la importa nella stessa, “per adempiere, in qualità di rappresentante esclusivo, gli obblighi che spettano agli importatori in forza del presente titolo”.

Dal coordinamento tra il testo istitutivo della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 16D.Lgs. n. 133/2009 e le definizioni del regolamento sopra riportate, a maggior ragione doverosa per essere queste ultime espressamente richiamate dall’art. 2D.Lgs. n. 133/2009, discende che il “distributore” è soggetto al quale non può riferirsi la figura contravvenzionale in esame, perché, (anche) a tali fini, per “distributore” deve intendersi colui che si limita ad immagazzinare e a immettere sul mercato la sostanza (in ipotesi non conforme alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento CE n. 1907/2006).

Precisamente, deve escludersi che il “distributore” possa essere qualificato, ai fini dell’applicazione dell’art. 16D.Lgs. n. 133/2009, “fabbricante”, “importatore”, “rappresentante esclusivo”, ma anche “utilizzatore”, in quanto l’art. 2D.Lgs. n. 133/2009 richiama, per l’applicazione delle sanzioni delle sanzioni di cui al Capo I del medesimo d.lgs., nel quale è compreso anche l’art. 16 cit., le definizioni di cui agli artt. 3 e 8 del regolamento CE n. 1907/2006.

Tanto premesso, nel caso in esame, il Tribunale aveva dichiarato la penale responsabilità di un imprenditore per il reato di cui all’art. 16D.Lgs. 14 settembre 2009, n. 133. Secondo quanto ricostruito dal Tribunale, l’uomo, in qualità di legale rappresentante di una Srl, avrebbe confezionato e immesso sul mercato colla denominata “E. C. ” contenente toluene in misura eccedente il limite previsto al punto 48 – all. XVII del regolamento CE 1907/2006, in particolare vendendo tale prodotto ad un esercizio commerciale.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa ne sosteneva l’erroneità, in particolare rappresentando che la fattispecie prevista dall’art. 16D.Lgs. n. 133/2009 integra un reato proprio, che può essere commesso solo dal fabbricante, importatore, rappresentante esclusivo o utilizzatore della merce, e che, però, all’imputato non era attribuibile alcuna di queste qualifiche.

La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, puntualizza la S.C. secondo le espresse indicazioni della sentenza, la società di cui l’imputato è titolare era un “distributore” della colla contenente toluene in misura eccedente il limite previsto al punto 48 dell’allegato XVII del regolamento CE 1907/2006, e non certo né un “fabbricante”, né un ” importatore”, né un “rappresentante esclusivo”, né un “utilizzatore a valle”. Il rilevato difetto della qualifica soggettiva necessaria per l’integrazione del reato escludeva, quindi, la sussistenza del fatto tipico così come contestato.

Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso con annullamento senza rinvio della sentenza.

Riferimenti normativi:

Art. 16D.Lgs. 14 settembre 2009, n. 133

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