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Il disegno di legge Nordio

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Procedura penale

Processo penale

Il disegno di legge Nordio: un piccolo passo nella giusta direzione

di Spangher Giorgio Professore emerito di Procedura penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma

Il DDL del ministro Nordio costituisce il primo provvedimento con cui il governo intende riformare in senso garantista il processo penale. Sono toccati la disciplina delle misure cautelari l’informazione di garanzia e la legittimazione del pubblico ministero ad appellare le sentenze di proscioglimento.

DDL Nordio

Non ha bisogno di molte argomentazioni che per tutti anche solo l’avvio di un processo penale, e ancor più i suoi eventuali seguiti, possono essere un elemento se non devastante, certamente foriero di tensioni, di ricadute sociali, familiari, economiche, che per quanto diversamente accertabili in relazione al fatto di reato, anche solo ipotizzato ed a prescindere dal suo esito, prossimo o meno che potrà essere.

Il dato è reso evidente dalla struttura bifasica del processo, incentrato sulle fasi delle indagini preliminari che per una molteplicità di ragioni, finisce spesso per assumere il ruolo del vero processo, attirando l’attenzione dei media, per poi svanire spesso nei successivi sviluppi processuali.

Il dato è naturalmente rapportabile in termini di possibile pregiudizio in relazione al ruolo pubblico ed esponenziale del soggetto coinvolto.

Presunzione di conoscenza, tutela del segreto, tutela della riservatezza sono schermature inadeguate. Molto si è cercato di fare per “educare” culturalmente l’opinione pubblica, connotando i vari atti processuali ed i vari passaggi procedurali con le aggettivazioni più varie (atto dovuto; strumento di garanzia; espressioni dubitative, o riconoscimenti presuntivi).

In questo contesto, solo sommariamente tratteggiato, si inserisce il DDL Nordio, elemento non casualmente definito, quale primo intervento di riforma o di adeguamento su alcuni specifici e mirati profili di criticità dei meccanismi processuali.

Approdato – finalmente – in Parlamento, dopo non poche problematicità, il provvedimento è costituito da 8 articoli (il 7 riguarda le disposizioni finanziarie e l’8 l’entrata in vigore, dove come si dirà, della previsione della collegialità nell’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere).

Le tematiche coinvolte dal disegno di legge sono sostanzialmente tre.

La prima (art. 1) riguarda le modifiche al Codice penale.

Si propone l’eliminazione dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) e la rimodulazione del reato di traffico di influenze.

Deve sottolinearsi in materia che da ultimo la XIV Commissione della Camera ha espresso parere negativo sulla Proposta alla direttiva del Parlamento in materia di lotta alla corruzione, che toccava anche la questione dell’abuso d’ufficio.

Invero, si tratta di una questione che vede una diffusa trasversalità politica, che coinvolge soprattutto le amministrazioni dei comuni e delle regioni, ove emerge che a fronte di un numero elevato di denunce le condanne sono in numero del tutto irrisorio.

Il secondo profilo (art. 2) del DDL in esame affronta alcune tematiche processuali.

In primo luogo, l’attenzione è rivolta – a tutela della riservatezza – alla diffusione del contenuto delle intercettazioni relativamente a informazioni del tutto irrilevanti, nel senso che non sono contenute nel provvedimento del giudice ovvero che riguardano soggetti estranei, escludendo anche il diritto di terzi di ottenere la conoscibilità.

A questo elemento, racchiuso nelle modifiche degli artt. 114 comma 2-bis, 116 comma 1, 268 comma 2-bis e 6 c.p.p., si aggiunge la riforma dell’informazione di garanzia (art. 369 c.p.p.) con la quale si punta a rafforzarne le finalità difensive, rafforzata dalla non conoscibilità delle stesse fino alla fase di chiusura delle indagini e al rafforzamento del suo contenuto attraverso la previsione della descrizione sommaria del fatto.

In secondo luogo (sempre all’art. 2) viene affrontato il tema dell’applicazione delle misure cautelari (confermando con la modifica dell’art. 291 comma 1-ter quanto detto in tema di contenuto delle intercettazioni).

Sono sostanzialmente due i profili interessati dalle modifiche: la possibilità del contraddittorio anticipato del soggetto richiesto della misura cautelare e la collegialità della decisione quando la misura riguarda la custodia cautelare in carcere (art. 328 comma 1-quinquies) ovvero una misura di sicurezza detentiva (art. 313 comma 1 secondo periodo).

I due elementi vanno coordinati per cui si rende necessario precisare il rispettivo ambito di operatività, al di là del fatto che come emerge dall’art. 8, la operatività della collegialità è differita di due anni (all’esito del reclutamento straordinario di cui all’art. 4), stante la necessità di espletare le procedure concorsuali.

Dopo aver ribadito l’operatività del contraddittorio anticipato nel caso della misura interdittiva di cui all’art. 289 comma 2 secondo periodo c.p.p., il legislatore precisa che la previsione non opererà in presenza delle situazioni di cui alle esigenze della lett. a, b, c (prima parte) dell’art. 274 c.p.p. (art. 2 comma 1 lett. d n. 2).

Conseguentemente, il contraddittorio anticipato si svolgerà nelle situazioni di cui all’art. 274 lett. c, seconda parte, c.p.p. (difettando le esigenze dell’art. 274 lett. a e b, c.p.p.).

Ai fini dello svolgimento dell’interrogatorio si prevede l’invio dell’invito a presentarsi che conterrà l’avviso del deposito degli atti presentati ai sensi dell’art. 291 comma 1 c.p.p. (art. 291 comma 1-sexies – octies) (art. 2 comma 1 lett. d n. 2).

Ora, incrociando questa conclusione con la collegialità nel caso in cui si debba applicare la misura della custodia in carcere (all’interrogatorio procederà il presidente o uno dei componenti da lui delegati: art. 291 comma 1-quinquies ex art. 2 comma 1 lett. d n. 2) questa troverà applicazione anche nel caso in cui sia richiesto l’aggravamento della misura (art. 299 comma 4 ex art. 2 comma 1 lett. g).

Pertanto, ad interrogatorio anticipato il Collegio procederà nel caso di cui alla lett. c ultima parte dell’art. 274 lett. c c.p.p. ove è prevista la misura cautelare in carcere per il pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie (difettando le esigenze cautelari della lett. a e b).

I riferiti profili procedurali legati all’interrogatorio anticipato trovano coordinamento con quanto previsto al comma 3-bis dell’art. 292 c.p.p. (ex art. 2 comma 1 lett. e n. 3), con l’art. 294 comma 1 e 4-bis (ex art. 2 comma 1 lett. f nn. 1 e 2) e con l’art. 309 comma 5 (ex art. 2 comma 1 lett. h).

Infine (sempre nell’art. 2), riformando l’art. 593 c.p.p., viene esclusa la legittimazione del pubblico ministero ad appellare le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’art. 550 commi 1 e 2 c.p.p., cioè, i reati a citazione diretta di competenza del giudice in composizione monocratica.

Si tratta dell’ulteriore sviluppo di quanto previsto per le decisioni del giudice di pace, la cui previsione è stata ritenuta costituzionalmente legittima da Corte cost. n. 42/2009.

È vero che la norma di cui all’art. 593 c.p.p. introdotta dalla legge Pecorella (L. n. 46/2006) è stata ritenuta costituzionalmente illegittima (Corte cost. n. 26/2007) ma in quella occasione la Consulta motivò la sua decisione in forza della generale inappellabilità da parte del PM delle sentenze di proscioglimento.

In questa occasione l’intervento è maggiormente circoscritto; infatti, non si è intervenuti sul proscioglimento dell’abbreviato e sulla sentenza di non luogo.

Il terzo profilo (artt. 3-6) riguarda alcune modifiche ordinamentali che, oltre all’interpretazione autentica dell’art. 9L.n. 287/1951 relativa al limite di età per essere giudice popolare prevede il citato reclutamento straordinario di 250 magistrati (necessari per rendere praticabile nelle aule la collegialità nell’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere) e le modalità di espletamento del concorso.

Come si può vedere da questi seppur schematici riferimenti, il disegno di legge traduce in dati normativi alcune questioni controverse e molto presenti nel dibattito sui temi della giustizia che trovano forti rimbalzi nel caso di episodi sintomatici, spesso suscitando in alcuni settori considerazioni critiche, anche nell’opinione pubblica.

Diffusioni di notizie di nessun rilievo penale, riguardanti a volte terzi estranei, informazione di garanzia vista e considerata come anticipazione della responsabilità (spesso tutta da accertare), uso eccessivo dello strumento custodiale carcerario (che a volte viene annullato in sede di riesame), perplessità in caso di condanna in appello per un imputato prosciolto in prima istanza, sono gli aspetti della riforma che Nordio consegna alla Camera, prospettando una piena inversione di tendenza, in una prospettiva di maggior garanzia della persona senza pregiudicare la necessità di garantire la collettività dal crimine.

Un segnale – piccolo negli obiettivi, ma significativo soprattutto sotto traccia nel sistema – di una precisa linea di tendenza che punta a invertire la rotta che negli ultimi anni ha assunto la giustizia penale.

Sullo sfondo resta la separazione delle carriere, ma se anche altre criticità del processo – medio tempore – saranno sciolte, non sarà comunque poco.

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