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L’unicità del reato di stalking discende dall’unicità dell’evento “per accumulo”

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Reati contro la persona

Reati contro la persona

L’unicità del reato di stalking discende dall’unicità dell’evento “per accumulo”

giovedì 21 dicembre 2023

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di appello aveva confermato la condanna di un imputato per il reato di atti persecutori, la Corte di Cassazione penale, Sez. V, con la sentenza 13 dicembre 2023, n. 49658 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui aveva omesso la Corte d’appello di confutare i rilievi svolti con l’appello circa l’erroneità della qualificazione degli atti persecutori come reato abituale anziché complesso ovvero con riguardo all’illogica estensione della querela agli atti successivi ovvero anteriori di oltre sei mesi alla sua presentazione – ha invece ribadito il principio secondo cui il delitto di atti persecutori si consuma al compimento dell’ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa della abitualità del reato, cosicché l’unitarietà della condotta di stalking non può essere interrotta dall’essersi realizzato prima l’uno o l’altro dei plurimi eventi previsti dalla disposizione incriminatrice, né dalla presentazione della querela, la cui funzione è solo quella di rimuovere l’ostacolo alla procedibilità del reato e non già quella di segnare il momento consumativo del reato.

Cassazione penale, Sez. V, sentenza 13 dicembre 2023, n. 49658

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen., Sez. V, 24/11/2020, n. 3781 dep. 2021

Cass. pen., Sez. V, 10/2/2020, n. 15651

Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 612-bis, c.p. sotto la rubrica «Atti persecutori», punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, la condotta di chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Come ricavabile dal dettato positivo, il delitto di atti persecutori richiede, innanzitutto, la reiterazione delle condotte [Resta, Il delitto di “stalking”. Verso un nuovo habeas corpus per la donna?, in GM, 2009, 1921; Lo Monte, L’individuazione delle “condotte reiterate” (art. 612-bis c.p): tra lacune legislative e discutibili applicazioni giurisprudenziali, in CP, 2011, 157]. Tale requisito sembra integrato ove le plurime condotte siano realizzate in tempi ed in contesti differenti (sul punto, Natalini, Sciolto il nodo della frequenza minima necessaria perché il crimine possa ritenersi configurato, in Gdir, 2010, 33/34, 73). Diversamente argomentando, potrebbero trovare applicazione le meno gravi fattispecie di violenza privata, minaccia o molestia, eventualmente in forma continuata [cfr., tuttavia, Binda, Il nuovo reato di atti persecutori, in AA.VV., Stalking, in Amore (a cura di), Roma, 2009, 31]. Più in particolare, la condotta deve consistere in minacce e/o molestie.

Per minaccia si intende la prospettazione di un male futuro e prossimo, la cui verificazione dipende dalla volontà dell’agente (Mantovani, Diritto penale, Parte spec., I, Delitti contro la persona, VI ed., Milano, 2016, 274 ss.); per molestia, ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosamente l’equilibrio psico-fisico normale di un individuo [Manzini, Trattato di diritto penale italiano, V ed., Torino, 1986, 193]. Da tali condotte reiterate devono poi discendere (infelice l’espressione “in modo da”: sul punto, Macrì, Modifica della disciplina delle circostanze aggravanti e nuovo delitto di “atti persecutori”, in DPP, 2009, 824) tre eventi, posti tra loro in rapporto di alternatività: un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, oppure un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva, oppure l’alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.

L’evento o meglio gli eventi alternativi (ciascuno dei quali è idoneo a realizzare il reato cfr. Cass. pen., Sez. V, n. 29782 del 19/5/2011, L., CED Cass. 250399; Cass. pen., Sez. V, n. 34015 del 22/6/2010, D.G., CED Cass. 248412), che disegnano la tipicità oggettiva della fattispecie di stalking si realizzano “per accumulo” di condotte reiterate, le quali integrano minacce e molestie verso taluno, tanto da provocargli un grave stato d’ansia o di paura, ovvero da ingenerare fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto ovvero ancora da costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita. Orbene, tale evento “per accumulo” rimane unico, ed unico si configura anche il reato, pur se, come nel caso di specie, di seguito al suo perfezionamento, la condotta prosegua ed arrivi ad ulteriore, definitiva consumazione, aggravandone le conseguenze, e cioè amplificando la dimensione dell’evento dannoso generato dalle condotte antecedentemente poste in essere (Cass. pen., Sez. V, n. 17000 del 11/12/2019, dep. 2020, A., CED Cass. 279081). Ciò perché, nel caso in cui la condotta del ricorrente si inscrive nella medesima logica persecutoria e nel medesimo contesto di reato già delineato dall’imputazione, non può dirsi che essa sia manifestazione di una nuova e diversa “campagna persecutoria” contro la vittima, bensì piuttosto costituisce l’apoteosi di quella già in atto.

Il delitto di atti persecutori, infatti, si consuma al compimento dell’ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa della abitualità del reato, cosicché l’unitarietà della condotta di stalking non può essere interrotta dall’essersi realizzato prima l’uno o l’altro dei plurimi eventi previsti dalla disposizione incriminatrice (ex multis: Cass. pen., Sez. V, n. 3781 del 24/11/2020, dep. 2021, S., CED Cass. 280331), né dalla presentazione della querela, la cui funzione è solo quella di rimuovere l’ostacolo alla procedibilità del reato e non già quella di segnare il momento consumativo del reato (ex multis: Cass. pen., Sez. V, n. 15651 del 10/2/2020, T., CED Cass. 279154).

In definitiva, qualora i diversi atti posti in essere dall’agente si rivelino essere i segmenti della medesima ed unitaria condotta persecutoria, la circostanza che alcuni di essi siano stati posti in essere successivamente alla proposizione della querela non consente di ritenere che questi ultimi integrino un nuovo ed autonomo reato (Cass. pen., Sez. V, n. 41431 del 11/7/2016, R., CED Cass. 267868; Cass. pen., Sez. V, n. 31996 del 5/3/2018, S., CED Cass. 273640, in motivazione). Né rileva che la sequenza di comportamenti realizzati anteriormente alla presentazione della querela abbia già causato uno degli eventi tipici, se gli atti successivi lo hanno prolungato o aggravato.

Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte d’appello aveva confermato, anche agli effetti civili, la condanna di un uomo per il reato di atti persecutori aggravati commesso ai danni della ex moglie dopo la separazione dalla medesima. Ricorrendo in cassazione, la difesa ne sosteneva, per quanto qui di interesse, l’erroneità per aver omesso la Corte d’appello di confutare i rilievi svolti con l’appello circa l’erroneità della qualificazione degli atti persecutori come reato abituale anziché complesso ovvero con riguardo all’illogica estensione della querela agli atti successivi ovvero anteriori di oltre sei mesi alla sua presentazione.

La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C., nel richiamare la giurisprudenza in precedenza citata sulla produzione “per accumulo” dell’evento del reato di stalking, da considerarsi unico, ha osservato come, nel caso di specie, la prosecuzione della condotta persecutoria anche dopo la presentazione della querela della persona offesa attraverso il compimento di ulteriori atti tipici – in relazione ai quali, nel corso del dibattimento di primo grado, il pubblico ministero aveva ritualmente provveduto a modificare i riferimenti temporali dell’originaria contestazione – aveva spostato il momento consumativo di quello che è rimasto un unico reato, risultando dunque corrette le conclusioni assunte sul punto dalla Corte d’appello.

Da qui, pertanto, il rigetto del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 612-bis c.p.

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